Qualche anno fa pubblicammo la storia “Non mollare mai” che descrive le operazioni di ricerca e soccorso di un paio di naufraghi a largo di Ponza. Alcuni giorni orsono uno dei due, Sebastiano Rech Morassutti, ha inviato una lettera con la descrizione della fine della storia: quella del ritrovamento e recupero della zattera di salvataggio. Pubblichiamo nuovamente la storia ed, a seguire, la lettera.
NON MOLLARE MAI
Sono d’allarme con Gian Mario Generosi. È ormai un’abitudine montare d’allarme con Gian Mario come Capo Equipaggio. Quando si crea un certo feeling fa piacere condividere le 24 ore di servizio con un amico. L’unico handicap è che mi tocca portare sempre al seguito una borsa d’allarme di dimensioni elefantiache, visto che Gian Mario la sua non la porta affatto. È comunque qualcosa che si può sopportare, pur di condividere le lunghe ore di servizio in piacevole compagnia.
É mattina presto, abbiamo trascorso una notte di servizio (si monta d’allarme alle 21.00) riposando tranquillamente.
Suona la sirena dell’allarme. Ci precipitiamo in Sala Operativa per le informazioni: “un velivolo civile, in navigazione nell’aerovia Ambra 14, ha percepito un segnale d’allarme sulla frequenza di emergenza VHF 121.5”.
Partiamo per una ricerca elettronica. La zona assegnata è naturalmente senza confini ben delimitati, vista che né il velivolo civile, né il Sottocentro di coordinamento e soccorso (RSC) di Ciampino hanno potuto individuare il punto di provenienza del segnale. Si sa solo che il segnale d’allarme c’è. Partiamo per un’area individuata a nord dell’isola di Ponza ed in corrispondenza con l’aerovia Ambra 14.
Si decolla da Ciampino per pista 15. Primo punto di riporto Santa Palomba, quindi dirigiamo su Tor San Lorenzo per iniziare la ricerca in mare. Giunti sulla costa attiviamo l’homing sulla frequenza d’emergenza. Il segnale non si percepisce, quindi ci addentriamo verso il largo, sempre in ascolto. L’equipaggio è in postazione per l’osservazione della zona di ricerca, ma non sappiamo nemmeno cosa stiamo cercando. Nessun velivolo manca all’appello e l’RSC non ha ricevuto nessun allerta per imbarcazioni in difficoltà. Nei pressi dell’Ambra 14 percepiamo il segnale. È debole, per cui l’ago dell’homing continua a girare e non riesce ad individuare una direzione di provenienza. Non sappiamo cosa fare. Proviamo ad impostare una piccola ricerca a rastrello, a cavallo dell’aerovia, ma non otteniamo alcun risultato. Il segnale compare e scompare senza fornire una benché minima indicazione.
Quasi tutte le ricerche in mare sono frustranti, perché quelle che si concludono con l’avvistamento dei naufraghi sono veramente rare, ma questa è ancora più frustrante delle altre perché non sappiamo nemmeno cosa stiamo cercando. A bordo, mentre cerchiamo di dare un senso alla nostra ricerca, cerchiamo una spiegazione: “la settimana scorsa sono partiti per una ricerca di un segnale d’allarme e poi s’è scoperto che uno aveva lasciato la radiolina d’emergenza accesa”, “no. Il segnale veniva da un’imbarcazione” “certo che farci girare a vuoto così non ha senso”. Fra una parola e l’altra, una virata e l’altra……uno sbadiglio e l’altro, facciamo le nostre belle quattro ore di ricerca. L’autonomia è prossima alla fine, del resto non abbiamo nemmeno imbarcato altro carburante visto che non era stata ipotizzata una zona certa di ricerca. “Rigiriamo la capa al ciuccio” e torniamo a Ciampino. Dopo l’atterraggio consueta relazione immediata all’RSC, cui farà seguito quella ufficiale più corposa, e si va a pranzo.
Terminato il pranzo cerchiamo una coppia avversaria per una partita a pinnacolo. Deve trascorrere ancora un bel po’ prima delle 21.00, quindi bisogna trovare un modo per ingannare il tempo. Gian Mario poi è un ottimo giocatore, è piacevole giocarci insieme. Riusciamo a trovare un’altra coppia: la noia del pomeriggio senza far niente è scongiurata. Una mano di pinnacolo ed una sigaretta, una sigaretta ed una mano di pinnacolo………tutta salute!!!
Squilla il telefono del bar: Equipaggio d’allarme del 15° è richiesto in sala operativa. Ci precipitiamo al Reparto per acquisire le informazioni. Sono le stesse del mattino!
Un altro velivolo civile in navigazione in Ambra 14 ha percepito il segnale d’allarme sulla 121.5. Si riparte, con l’unica differenza che stamane avevamo i sole ad Est, ora lo abbiamo ad Ovest. Riportiamo Santa Palomba, quindi Tor San Lorenzo e poi, mare, mare e ancora mare. Del resto noi del soccorso ci siamo abituati. Ognuno di noi ha sulle spalle ore ed ore trascorse perlustrando il tirreno, l’adriatico, lo jonio e c’è pure chi ha perlustrato l’Atlantico. A bordo non abbiamo molto da dirci e molto da fare. Guardiamo sconsolati l’ago dell’homing che gira ininterrottamente. Sembra prenderci in giro. Abbiamo il timore che ci aspettino altre quattro ore di ricerca senza sapere dove sbattere la testa. Non possiamo volare in cerchio, oppure andando a casaccio, ma è quello che l’homing ci dice di fare. Del resto anche questa seconda volta non ci è stata assegnata nessuna zona precisa di ricerca. Nonostante ciò ci imponiamo di effettuare un rastrello di ricerca, almeno seguiamo un criterio e non rischiamo di continuare a volare su zone già coperte.
Lentamente il sole si abbassa all’orizzonte, poi scompare. Abbiamo ancora 30’ di luce, poi dovremo interrompere per manifesta scarsa visibilità. Impostiamo il penultimo braccio verso il largo, faremo l’ultimo verso costa e quindi torneremo a casa. Quasi otto ore di volo senza concludere niente. Sono io ai comandi. Guardo fuori, sempre scrutando l’acqua, e mi accingo ad impostare la virata di 180° per invertire la rotta. Il suono del segnale d’emergenza è sempre in cuffia, ma ormai ci siamo abituati a sentirlo. Inclino il ciclico a sinistra, spingo la pedaliera e viro.
Sento una voce in cuffia, quella di Sestili, l’elettronico di bordo: “l’ago si è fermato”. Io e Gian Mario guardiamo prima l’ago dell’homing: è fermo e punta verso il largo; poi uno sguardo al radar, 20 miglia avanti c’è la traccia di una nave: ecco la responsabile!
Puntiamo verso la traccia radar, con l’ago dell’homing inchiodato in prua. Aumento la velocità a 120 kts, ormai si sta facendo buio. L’idea è quella di sorvolare la nave, avere conferma che il segnale viene da loro attraverso l’inversione dell’ago, e tornare a casa segnalando la provenienza del segnale. Gli occhi non guardano più il mare, ma scrutano l’orizzonte cercando l’imbarcazione segnalata dal radar. All’improvviso un razzo rosso esplode nel cielo alla mia destra e contemporaneamente l’ago dell’homing si apre nella stessa direzione. “È sotto di noi. – dice Gian Mario – Ce l’ho io 1” e prende i comandi impostando una virata a destra in discesa. Adesso lo vedo anche io: è un battello di salvataggio di forma ottagonale, con tanto di tenda che lo copre. Rapidamente viene buttata a mare una fumata, per stabilire con precisione la direzione di provenienza del vento, e si imposta l’ammaraggio. Ci manteniamo ad una certa distanza dal battello per paura di ribaltarlo con la forza del vento del rotore. Gino Petrucci è già pronto e si fionda in acqua. Non ci vuole molto per portare i due malcapitati a bordo. Sono provati. Ormai è quasi buio. Tenendo sotto controllo il battello decolliamo e puntiamo decisamente verso casa. Quando arriviamo a Ciampino è buio pesto. I naufraghi hanno raccontato che durante la notte precedente qualcosa aveva colpito la loro barca a vela creando una falla che in poco tempo li aveva costretti a mettere in acqua il battello di salvataggio, dotato di una radio d’emergenza, ed abbandonare l’imbarcazione.
Giunti a Ciampino assistiamo ad un simpatico siparietto. I naufraghi hanno lasciato a bordo del battello tutti gli effetti personali, quindi sono sprovvisti di documenti. Avvisiamo il Maresciallo dei Carabinieri, anche perché il recupero è avvenuto fuori dalle acque territoriali. Quando il Maresciallo si presenta ci chiede: “dove li avete recuperati?” “circa una decina di miglia a nord di Ponza” “e allora perché li avete portati qui” “ Marescià, e dove li dovevamo portare?” “a Ponza. Anche li ci sono i Carabinieri”.
La giornata dei due naufraghi, iniziata decisamente male, si conclude con la massima assistenza da parte dell’Aeronautica Militare. Infatti dopo il recupero dal mare da parte di un HH3F i due possono usufruire di un immediato trasferimento a Milano, approfittando di un passaggio su un DC9 dei “cugini” del 31° Stormo già pianificato per un volo verso la capitale lombarda.
Da parte nostra la grande soddisfazione di aver portato a termine una missione di soccorso in mare e di non aver mollato mai, ma l’amara riflessione di non averci mai veramente creduto.
La stampa non mancò di segnalare l’evento. Qualche giorno dopo Sebastiano Morassutti2, uno dei naufraghi, inviò una lettera al Comandante di Stormo, sia per ringraziarlo, sia per proporgli, con nobile iniziativa, un’esercitazione tendente a sperimentare più radio di emergenza per individuare l’apparto con le migliori caratteristiche, da pubblicizzare poi sulla stampa specializzata, ma in questo dimenticando che noi non potevamo certo effettuare valutazioni di prodotti immessi nel pubblico commercio.
NOTE
1 Espressione che indica chi ha assunto i comandi di volo del velivolo ad evitare che in due si vada in contrasto sui comandi stessi
2 Sebastiano Rech Morassutti è membro fondatore della Trimarine Advanced Marine Project Ltd. ed è uno dei massimi specialisti nel coordinamento di barche da corsa
Carissimi,
finalmente in questi giorni di vacanze natalizie sono riuscito a scovare su un vecchio quaderno di appunti le note che avevo scritto riguardo al ritrovamento della mia zattera di salvataggio e ho pensato che sia venuto il momento di completare il racconto così ben scritto sul sito “gentedelquindicesimo”.
Dopo esserci salutati in quella sera del 5 Giugno 1982 nella vostra sala operativa nell’aeroporto di Ciampino ci siamo imbarcati su un DC9 del 31° Stormo ed abbiamo fatto un ottimo viaggio fino a Milano, dopo essere passati da Napoli a prendere la famiglia della bambina che attendeva un trapianto di organo e che doveva essere portata d’urgenza a Milano. Arrivati all’aeroporto di Linate abbiamo trovato una ambulanza per bambina e famiglia e una vettura dei Carabinieri che ci ha gentilmente portato a casa dei miei genitori.
Conoscendo le coordinate geografiche in cui si trovava la zattera ho chiamato Roma Radio fornendo loro la posizione e informandoli che le persone imbarcate erano state salvate; ricordo che questa notizia è stata inserita e trasmessa per 7-8 giorni tra gli Avvisi ai Naviganti.
Due, tre settimane dopo, una sera, squilla il telefono, rispondo e la persona che chiama si presenta dicendomi “buona sera, sono il Comandante della Capitaneria di Porto di Augusta e lei non ha idea di quanto io sia contento di sentire la sua voce”.
Dopo averlo ringraziato della cortesia e avere scambiato qualche parola, il Comandante mi spiega i fatti.
La nave inglese “La Cumbre” (Nominativo Internazionale GVOE) mentre navigava verso Augusta aveva avvistato 4-5 giorni prima la nostra zattera; una volta recuperata hanno avvertito Roma Radio del ritrovamento, ma nessuno ha detto al Capitano Melvin Neil Baddeley che gli occupanti erano già stati salvati.
Arrivati ad Augusta il Capitano ha portato la zattera e tutto il suo contenuto in Capitaneria di Porto dove, con l’aiuto del Comandante e dei suoi uomini hanno trovato i nostri documenti, il diario di bordo e la mia agenda, che è stata utile per contattarmi.
Sono così andato ad Augusta nei primi giorni di Giugno e, grazie alla serietà, onestà e professionalità di tutta la gente di mare che, volente o nolente, si è trovata coinvolta in questa nostra avventura, ho avuto la possibilità di recuperare la zattera (che ho tutt’ora in ufficio e che qualche anno fa ho gonfiato manualmente per mostrarla ai miei figli) e tutto – ma proprio tutto – quanto era rimasto a bordo della zattera.
Il trasmettitore d’allarme sulla frequenza di emergenza VHF 121.5
Un paio di note conclusive che la dicono lunga sulle qualità delle persone.
Prima di telefonare direttamente a casa nostra il Comandante della Capitaneria di Porto di Augusta (convinto che gli occupanti della zattera fossero scomparsi in mare) ha telefonato ad alcuni nominativi che c’erano sulla mia agenda, perché voleva che fosse un conoscente a informare i familiari di quelle persone che lui riteneva scomparse; poi una delle persone chiamate gli disse che eravamo vivi e solo allora ha fatto la telefonata di cui ho scritto inizialmente.
Una volta consegnata la zattera e il suo contenuto alla Capitaneria di Porto di Augusta il Capitano e l’equipaggio della “La Cumbre” hanno chiesto che il compenso a cui avevano diritto per il ritrovamento in mare fosse devoluto al C.I.R.M. e io fui ben felice di mandare un vaglia postale al Centro Radio Medico.
Nei giorni scorsi sono andato a riguardami il sito “gentedelquindicesimo” e ho così scoperto che l’HH3F “è andato in pensione”.
Devo ammettere che la cosa mi ha fatto un certo effetto e…se avesse una foto e se potesse mandarmela mi piacerebbe molto conservala tra i ricordi del passato.
Un ultimo pensiero e una gran quantità di complimenti vanno a tutti i piloti, tecnici e operatori che hanno partecipato al formidabile lavoro di salvataggio delle persone imbarcate sul traghetto andato a fuoco in Adriatico; dai filmati che ho avuto occasione di vedere e dalla situazione meteo che, ormai per abitudine, guardo quotidianamente, le condizioni erano davvero pessime.
Un caro saluto
Sebastiano Rech Morassutti
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