Il 23 marzo 1969 fu costituito il Centro di Sopravvivenza ed Aerosoccorritori nella storica sede di Vigna di Valle. Il primo Comandante del Centro fu l’allora Maggiore AArs Franco Papò che aveva alla dipendenze un nucleo di Ufficiali e Sottufficiali che si occupavano di tutto, dal magazzino del materiale fuori uso che si usava per la vestizione dei frequentatori dei Corsi di sopravvivenza in mare, alla segreteria, all’organizzazione e gestione dei corsi, alle missioni operative che sembravano fioccassero una dietro l’altra. Triste compito quello di recuperare piloti deceduti, ma preziosa finalità che per una commissione d’inchiesta significava individuare le cause dell’incidente ed, in alcuni casi, non bloccare l’intera linea di quel dato velivolo.
Vi ho già parlato del primo intervento ufficiale (Papò-Cristarella-Toscano) nelle acque di Foce Verde (LT) e non voglio ripetermi.
I Corsi di sopravvivenza in mare erano visti dallo SMA come un tassello fondamentale per l’addestramento del personale. Cominciavano a maggio e finivano a settembre di ogni anno, poi c’erano quelli in montagna, dove si recava a turno il personale per tenere il ciclo di lezioni su radio d’emergenza, ricoveri, fuochi, ecc..
Insomma il CSA era impegnato quasi tutto l’anno, in più forniva una coppia di sottufficiali che a turno si recavano a Trapani-Birgi per supportare il volenteroso servizio di Soccorso di Base, di cui ho anche ampiamente scritto.
Il pater Sommozzatorum, com’era chiamato affettuosamente Papò, teneva unita una ciurma variegata, ma molto dedita all’attività professionale.
Nel contesto di Vigna di Valle ovviamente c’era qualche contrasto con altro personale stanziale che vedeva in noi dei privilegiati o dei fortunati, oppure semplicemente perché eravamo diversi dalla massa.
Non avevamo automezzi nè personale di leva, per cui ogni cosa doveva passare per un Comando Aeroporto che aveva un lentissimo ritmo ed una già scarsa possibilità di supporto. Ma piano piano, in quel fabbricato buio e freddo (non avevamo i riscaldamenti mentre negli Uffici del Comando, si stava in camicia), riuscimmo con le nostre vie informali a farci assegnare dei mezzi e degli avieri.
In quel periodo ci furono una catena d’incidenti impressionanti e tutti in mare.
Un G.91 del 32° Stormo di Brindisi cadde in mare con tutto il pilota subito dopo il decollo; il velivolo fu trovano ma il pilota se lo portò via il mare.
Un MB.326 della Scuola di Lecce si inabissò, fortunatamente vuoto, e siccome era un velivolo modificato di recente tutta la linea addestrativa subì un arresto e grazie a quello che si riuscì a recuperare dai fondali di San Cataldo si potè accertare velocemente che la causa non era la modifica, ma era attribuibile ad altro fattore.
Così l’F.104 del 51° caduto nella acque di Caorle; quello del 53° disperso al largo di Catania e via via la lunga serie di quei sinistri eventi.
In tutti gli incivolo di quel periodo, i Sommozzatori del CSA di Vigna furono impiegati per facilitare e velocizzare le inchieste della Sicurezza del Volo.
Un incidente particolarmente disastroso fu quello della Meloria. Nel novembre del 1971 un C.130 della RAF, impegnato in un’esercitazione di aviolancio di ragazzi della Brigata Folgore, si inabissò per cause imprecisate con tutto il suo carico proprio vicino alle secche della Meloria (Livorno).
L’allerta e l’ordine di partenza vennero direttamente dallo SMA, per cui caricate le attrezzature su di un camion, con un pulmino al seguito, il personale fu impegnato fino alla fine di gennaio del 1972. Per inciso erano tutte immersioni al di sotto dei -40 mt. e, per chi conosce queste cose, particolarmente a rischio, oltre per eventuale embolia, per la presenza assidua di squali in zona (uno mi passò sotto i piedi appena entrato in acqua).
Stanchi, affamati, stressati, rientrammo in sede dove il giorno dopo si tenne un briefing informale.
La documentazione fotografica che fornimmo alle commissioni d’inchiesta fu determinante e ricevemmo il plauso dell’Ammiraglio Ciccollo, Comandante delle operazioni, che si espresse con parole piene di ammirazione per quel piccolo nucleo di persone che aveva concluso il lavoro affidato con serietà, spirito di sacrificio e grande dedizione al dovere.
Tutto il personale partecipante fu decorato con Benemerenza di Bronzo al Valor di Marina in una toccante cerimonia in quel vecchio hangar dove adesso sorge il Museo Storico di Vigna di Valle.
E qui mi fermo perché sarebbe ancora lunga la storia di quegli “eroici” sommozzatori dell’A.M. che si erano distinti dappertutto e senza mai subire incidenti di sorta.
L’ultimo mio intervento fu per un velivolo F.104 inabissato con i suoi piloti al largo di Talamone. Operammo ad una batimetrica di -70 metri, poi per me fu solo il 15°.
A questo punto di chiederete, ma perché ci stai parlando di queste cose, cos’è nostalgia senile, o cosa?
Proprio di recente, a cura dell’AAA di Cerveteri-Ladispoli, è stato pubblicato sul web un libercolo sulla “Vera storia del Jolly”, compilato da persone ritenute esperte ed attive. Ora, nella mia sfrenata ed ossessiva difesa di certi valori autentici e del mio personale passato come socio fondatore del CSA, mi faccio portavoce di quella piccola schiera di onesti lavoratori e di quanti in quegli anni seppero con il loro sacrificio innalzare e mantenere in vita una specialità nata dal nulla, dove anche di domenica ci si riuniva con le famiglie intorno al mitico Papò.
La storia di quello sportello raffigurante il Jolly è già stata documentata, ineguagliabilmente, nell’articolo apparso sul nostro Web ed intitolato “Segrete Ali Raccolsero” dal nostro Gen. De Ponti, vero e riconosciuto storico del settore.
Questo nuovo libretto non ha nulla di nuovo ed anzi contiene alcune inesattezze. Papò, Bellillo, Lanzara, Lancia, Belli, Senatra, Affummicato, Nocerino, Toscano, Solimeno, Aprile, Dessì, Pippy Venosa, Morra, Podiani, Napoli, Folcarelli e pochi altri conoscono e sono custodi di una storia che non riguarda solo il nominato sportello col Jolly, ma le vicissitudini, le pene, i sacrifici, il freddo, di quell’eroico manipolo di avventurosi che con le notti all’addiaccio durante i corsi di Evasione e Fuga, con la costante preparazione nel campo della sopravvivenza in mare ed in montagna, hanno tenuto e tengono ancora, nel loro cuore, quell’esperienza a dir poco esaltante, per i successi professionali e per il contributo fattivo dato all’AM in generale.
Senza costoro, senza il loro personale apporto, la storia del Jolly sarebbe stata diversa e forse dimenticata.
La storia del Jolly si intreccia con quella del Centro di Sopravvivenza ed Aerosoccorritori. É legata al suo pater Franco Papò ed alla sua parabola come Comandante che propose l’adozione del distintivo di Reparto raffigurante proprio il Jolly, a voler significare che la tradizione non si dimentica né si arresta; una tradizione che lui aveva e sapeva infondere nei propri uomini; qualcosa che con la sua uscita di scena si è lentamente ed inesorabilmente spenta.
Oggi quel CSA non esiste più. É come un fantasma che ogni tanto qualcuno dice di aver visto.
Quel CSA era unito e compatto intorno al suo conduttore, forgiato in una sola cosa e con l’intento di fare ed ancora fare, guadagnarsi la pagnotta, sudare e sgobbare, trasformarsi ed adattarsi, ingegnarsi a diventare muratore e carpentiere, magazziniere e segretario, inventore per dare spazio alla fantasia ed all’inventiva.
Con questa filosofia i Jolly di quel tempo sono cresciuti dal nulla e si sono saputi imporre all’attenzione della Forza Armata.
Di quell’autenticità e di quella voglia di fare non c’è più traccia.
Io ne rivendico qui la discendenza e l’autenticità di una testimonianza reale e con me di tutti i miei colleghi di quel tempo; sappiamo bene, noi di quel felice periodo, cosa è costato e cosa ha reso all’intera Aeronautica; sappiamo bene i sacrifici personali, le rinunce e la dedizione che noi tutti mettevamo in quell’appassionante lavoro… il resto è noia e i libercoli dei novelli paleologi non c’interessano nè hanno valore.
Non basta, è certo, aver frequentato per qualche tempo il CSA, essere assegnati e magari qualificati come nuova maestranza.
Non basta aver indossato la dotazione, bisogna dimostrare fatti inoppugnabili.
Essere stato parte di quella storia mi rende l’obbligo di essere paladino di quel periodo e di quella gente.
La storia del CSA ora tace, perché sono tramontati quegli entusiasmi che ci rendevano unici testimoni viventi del vero ed autentico Jolly.
A quei miei colleghi ed amici che con la loro dedizione ed il loro sacrificio seppero scrivere pagine bellissime di professionalità aeronautica.
Dedicato soprattutto a Franco Papò che è volato via dopo una nostra festa, felice di aver visto i suoi uomini cresciuti e che si addormentò vestito con il sorriso sulle labbra.
Il sorriso beffardo del Jolly era stampato in lui e con lui è volato via.