Oltre ad articoli riguardanti il 15° e le sue origini a volte ospitiamo anche storie, racconti o riflessioni riguardanti più in generale la storia dell’Aeronautica o della compagine militare. E’ questo il caso del nuovo articolo che il Gen. Giacomo De Ponti ci ha inviato e che riguarda il simbolo “principe” che contraddistingue solo ed esclusivamente i militari italiani.
Le stellette che noi portiamo
di Giacomo De Ponti
Capita talvolta la sera che per trovare un poco di rilassamento in una giornata altrimenti intensa si peschi negli scaffali della libreria una lettura distensiva divertente ed affatto impegnativa. In uno di questi momenti ho voluto cercare tra gli autori da me preferiti Giovannino Guareschi umorista principe capace di rasserenare qualunque spirito affaticato ma anche capolavoro di umanità e profondità di pensiero. Ma cosa c’entra Guareschi in questa rubrica di Pillole di Storia? C’entra eccome e ce lo dimostra lui stesso nella Pillola che segue dove la Storia pur vissuta e sofferta dal singolo uomo si trasporta nel nostro essere con il suo senso che è il nostro di identificazione e di appartenenza.
Sentiamolo allora mentre Ufficiale d’Artiglieria deportato dopo l’8 Settembre in un campo di prigionia in Germania trasferisce nelle stellette nostro distintivo il ruolo e la dignità di militari e di uomini.
LE STELLETTE CHE NOI PORTIAMO
La mia divisa continua nella sua implacabile decadenza: le fodere cadono a brandelli, i gradi sulle maniche e il fregio della bustina, perduto l’oro, mostrano l’anima di rame; sui gomiti il panno si spela; i calzoni per il sovrapporsi delle toppe e dei topponi – più inchiodati che cuciti – diventano sempre più miserabili, la suola degli stivaloni non esiste più e le tomaie si screpolano come gomma secca, i bottoni cuciti col fil di ferro sfilacciano le asole. Ma d’una sola cosa mi preoccupo: che le stellette siano sempre saldamente fissate alla mostrina del bavero. Per questo ogni mattina provo col pollice la vite del peduncolo: che sia girata fino all’ultimo millimetro.
Le stellette che noi portiamo…
Nemico acerrimo del militarismo, queste piccole stelle io me le sento avvitate alla carne, e perderle sarebbe come dover rinunciare a un po’ di me stesso. L’Italia, la bella donna che si assideva maestosa nel fregio dei diplomi di benemerenza e delle pergamene, impugnasse essa il martello o la spada, o facesse mostra di ingranaggi o di stemmi, aveva sempre una stella che le brillava sopra la corona turrita, o sulla fronte nuda, se la sua posizione di proletaria le consigliava di andare senza cappello. Odiatore di stelle, l’inventore d’un nuovo ordine cancellò quella stella che definì “stupido stellone”, e l’Italia, senza stella, non fu più la mia Italia. Ora ha tolto la stella anche ai soldati italiani, e per questo io non li sento più fratelli, ma stranieri e nemici.
Le stellette che noi portiamo…
Vittime della guerra, l’orrendo male che l’umanità si sforza di rendere inguaribile e inevitabile, uomini italiani insanguinarono tutto questo secolo. E quando un soldato italiano muore, il suo corpo rimane aggrappato alla terra, ma le stelle della sua giubba si staccano e salgono in cielo ad aumentare di due piccole gemme il firmamento. Per questo, forse, il nostro cielo è il più stellato del mondo.
“Le stellette che noi portiamo” non rappresentano soltanto “la disciplina di noi soldà”, ma rappresentano le sofferenze e i dolori miei, di mio padre, dei miei figli e dei miei fratelli.
Per questo le amo come parte di me stesso, e con esse voglio ritornare alla mia terra e al mio cielo.
Parole come queste non ammettono commenti aggiuntivi e scolpiscono profondo il segno testimone del sentimento di chi ha scelto di servire vestendo stellette.
La targa che, in Accademia Aeronautica, ricorda ai pulcini d’aquila lo status acquisito con il giuramento di fedeltà e servizio |
PS: ma perché le stellette a cinque punte rappresentano il segno distintivo del militare italiano in attività di servizio, di qualsiasi grado, arma e corpo?
Il sito web dell’Esercito, in questa pagina traccia un’esauriente excursus storico sulle tappe della loro adozione, avvenuta nel 1871, ma quando si parla di origine del simbolo, il discorso si chiude con un laconico: “Risulta però difficile, mancando documenti al riguardo, capire come mai proprio la stella a cinque punte o pentalfa, venne decretata come simbolo unitario delle Forze Armate”.
Lo “Stellone” sullo stemma della Repubblica dal 1946 |
Lo “Stellone” sullo stemma del Regno d’Italia 1870 – 1890 |
In effetti non sono note evidenze che testimonino i motivi della scelta, le ipotesi sono diverse ed ovviamente non comprovabili. Una delle tesi sostiene che la loro adozione si sia ispirata alla simbologia massonica per iniziativa del Ministro della Guerra pro tempore, Gen. Cesare Ricotti-Magnani, noto oltre che per aver creato gli Alpini e per le sue moderne modifiche apportate alle uniformi di un Esercito da poco divenuto Regio, anche per avere soppresso i Cappellani militari e la Messa festiva nelle caserme. Tuttavia altre fonti citano la presenza delle stellette fin dal 1861 quando l’Armata Sarda assunse la denominazione di Regio Esercito Italiano, ponendo in evidenza con tale definizione l’essenza monarchica e unitaria del nuovo Esercito, che ebbe subito come primo problema l’unificazione dell’uniforme ricercando una mediazione tra la severa foggia di quella piemontese con quelle più varie dei corpi volontari inglobati nel neo nato Esercito nazionale, come ad esempio i garibaldini, orgogliosi naturalmente della loro camicia rossa. La disciplina prevalse sul sentimentalismo e la fusione risultò del tutto “unitaria”: caratteristiche di quegli anni furono il colore azzurro Savoia, che ebbe la meglio sul rosso garibaldino e l’aggiunta delle stellette sul colletto delle giubbe, stellette che, secondo una nota citata dalla fonte, stavano ad indicare “un firmamento rasserenato dell’orizzonte nazionale”.
Altri ancora fanno risalire l’uso al motto “Il attend mon astre” adottato da Amedeo VI di Savoia nel 1373 e successivamente tramandato nella casata fino al Regno d’Italia, mentre un’ulteriore versione sostiene che le stellette abbiano relazione con lo “stellone” d’Italia, che nel secolo XIX fu simbolo di buon auspicio per le fortune della Patria e che ritroviamo ancora oggi nell’emblema della Repubblica. Nelle allegorie di quel periodo infatti l’Italia era comunemente rappresentata da una donna formosa con una stella in fronte o sulla corona portata sul capo, perché potesse indicare ai patrioti la via verso l’unità nazionale. Tuttavia è molto più probabile che la scelta sia comunque caduta sulle “cinque punte” per distinguerla dalle contemporanee stellette asburgiche che di punte ne avevano sei.
E’ ad ogni modo certo che le stellette a cinque punte sul bavero delle uniformi militari italiane furono per la prima volta prescritte, come detto in esordio, dal Gen. Cesare Ricotti-Magnani con la “Istruzione sulla divisa degli Ufficiali di Fanteria”, con R.D. del 2 aprile 1871, mentre il successivo R.D. datato 13 dicembre 1871 sancì definitivamente che: “Tutte le persone soggette alla giurisdizione militare, a mente dell’art. 323 del Codice Penale Militare ….. porteranno come segno caratteristico della divisa militare comune all’Esercito e all’Armata (antico nome della Regia Marina), le stellette a cinque punte sul bavero dell’abito della rispettiva divisa”.
Libera interpretazione di uno “Stellone” puramente Aeronautico |
Giovannino Oliviero Giuseppe Guareschi (Fontanelle di Roccabianca, 1º maggio 1908 – Cervia, 22 luglio 1968) è stato uno scrittore e giornalista italiano, oltre che caricaturista e umorista. È uno degli scrittori italiani più venduti nel mondo: oltre 20 milioni di copie.
Il testo del racconto ed il disegno sono tratti da G. Guareschi, Diario Clandestino, scritto nel 1944 nel Lager di Sandbostel. Il titolo del brano, “Le stellette che noi portiamo…”, richiama una famosa canzone di trincea della Prima Guerra Mondiale.
Collochiamoci nel contesto dell’epoca: è evidente qui l’allusione alla Repubblica Sociale Italiana ed alle sue Forze Armate, il cui distintivo d’appartenenza, fissato sulle mostrine, era non più la stelletta ma un gladio contornato da fronde di quercia.
Il pentacolo o pentalfa, la stella a cinque punte, è la rappresentazione stilizzata dell’uomo, dove le punte rappresentano la testa e gli arti superiori ed inferiori.
Un primo decisivo cambiamento nell’uniforme dell’Esercito si ebbe con le modifiche apportate dal Generale Cesare Ricotti Magnani, che fu ministro della guerra dal 1870 al 1876 e quindi rieletto alla stessa carica dal 1884 al 1887 e poi dal marzo al luglio del 1896. Ispirati ad un criterio di semplificazione i provvedimenti del Ricotti si resero necessari per le esigenze di una tecnica bellica in fase di rapida evoluzione.
E’ emblematico il significato che, già prima del 1871, aveva assunto la parola “stellone”. Alfredo Panzini, nel suo “Dizionario Moderno” (1950, pag. 663), alla voce “Stellone”, definisce: “Lo stellone d’’Italia, cioè la meravigliosa fortuna che assistette l’Italia nella storia del suo Risorgimento. Si dice anche: Speriamo nello stellone!, cioè nella fortuna della Patria; e si suole dire quando non si trovano argomenti più validi a bene sperare. Risale alle figurazioni simboliche dell’Italia sormontata dalla stella di Venere”. Pensiamo quindi a Giosuè Carducci che dice nella poesia “Scoglio di Quarto”: “Breve ne l’onda avanzasi…in quel vespero del cinque maggio …E tu ridevi, stella di Venere, stella d’Italia, stella di Cesare …”. Infine, troviamo la “stella” anche nello stemma della Repubblica; possiamo forse riconoscere, in questo segno di uso ormai centenario, un “simbolo” della continuità della Nazione?