1.1 Ustica
Venne la grave crisi a seguito dell’incidente dell’Itavia dove gli equipaggi volarono senza sosta, senza risparmiarsi; c’era sempre un elicottero in volo sulla zona dell’incidente perché i cambi, su ricerche di 4 ore, avvenivano nella zona interessata.
Lunghe ricerche per avvistare in mare anche una balena intrecciata in un’enorme rete di colore rosso: ci abbassammo per vedere meglio e la balena soffiò un enorme getto d’acqua, mentre Ciccio Latini gustava un gelatino che aveva tratto da una sua riserva misteriosa.
Siamo stati pure accusati di non aver fatto il nostro dovere, uno strascico giudiziario che per molto tempo non ha giovato a nessuno!!!
“Volammo di giorno e di notte,
senza soste nè tempi morti”
Con noi sempre due giornalisti “aficionados” Nodari1 e Passarelli2 che documentavano all’opinione pubblica quello che si faceva in nome e per conto della comunità nazionale.
1.2 Il terremoto in Irpinia
Poi il terremoto dell’Irpinia, dove il macchiettista-capo 3 (il Comandante, così soprannominato dagli equipaggi), con un perfetto quanto audace piano di dispiegamento, trasferì l’80% di uomini e macchine nello scassatissimo aeroporto di Capodichino.
L’aeroporto non era in grado di accogliere una quantità inusitata di persone e mezzi militari, in verità si trovò molto impreparato, ma lo Stormo trovò nella fantasia dei propri uomini e nella loro prontezza la possibilità di farsi un piccolo villaggio del soccorso in alcune tende da campo, diciamo così prese in prestito!!!.
In quel posto napoletano, arrivarono tutti gli elicotteri del soccorso aereo, gli HH3F da Ciampino, Rimini e Brindisi 4 e i 204 da Milano che allora era il 1° Distaccamento SAR.
Facemmo cose di una professionalità inaspettata, avevamo la giusta motivazione.
Legammo indissolubilmente con il cosiddetto corso squalo 5, con quelli successivi e nacque un legame tra di noi ancora inossidabile; la sera, siccome la mensa passava solo “brodino”, nel marasma generale di una città sconvolta, tramite i buoni uffici di un indigeno locale, certo Mario Russo, trovammo una trattoriola pittoresca che ci vorrebbe un trattato per descriverla, ma si mangiava bene ed a pochi soldi.
Capite benissimo che dopo una giornata tempestosa, sballottati dal maltempo e con la fame, buona parte degli equipaggi si trasferiva “sic et simpliciter”; direbbe il principe: “entrammo di spighetto e ci mettemmo di chiatto”, fu il nostro ritrovo per defaticare lo spirito, non so se rendo l’idea! …ci volevano dare il brodino…mha?
Successivamente fummo tutti riuniti in un’unica sala del CDA dove succedeva di tutto, dalle operazioni ai pranzi, sempre tutti insieme con quello che si poteva rimediare presso le famiglie d’origine; insieme passammo il Natale ed il Capodanno.
Alcuni di noi Aerosoccorritori furono trasferiti a Conza della Campania; qui approntarono un’elisuperficie in un cantiere, un piccolo pronto soccorso da campo, la sorveglianza e la distribuzione di generi alimentari, coperte, scarpe, vanghe, ecc.
Avevamo una radio di fortuna da dove Albertone Mori comunicava con gli elicotteri sulla frequenza HF 2828.
Organizzammo le squadre di volontari di alcuni boy scouts esperti in montaggio veloce di tende per il ricovero di bestie e foraggio in località isolate; ci fu un impulso notevole al ripristino delle linee di comunicazione, complice qualche buona bottiglia di brandy. Organizzammo una squadra di operai della Camera del lavoro di Crema, che si occuparono di sigillare le bare e fecero tanti altri lavori necessari.
Tutto coordinato e sapientemente condotto da un medico militare, soprannominato poi il “Monaco di Conza” ((Il T.Col. Bizarri era l’Ufficiale Medico responsabile della Colonna Medica della II R.A. che si rischierò a Conza della Campania. Inizialmente la colonna medica era un solo camper, poi fu realizzata una con più mezzi e molto attrezzata)) , lì domiciliato con una colonna sanitaria (un camper) A.M..
La notte si dormiva in una tenda con una stufetta che ci teneva compagnia, più che fare del caldo. Facemmo un buon lavoro, il lavoro ed il freddo ci stremarono, oltretutto per mangiare c’era una vecchia cucina da campo inviata dall’Esercito: curiosammo e trovammo scritto: Caporetto, 1918. Poi vennero alcuni romagnoli alla stazione di Conza e le cose migliorarono notevolmente; avevano una mensa funzionate, pulita ed accogliente, furono tutti più felici…che scoperta!
Tante cose successero in quel frangente, fummo uniti tutti intorno al nostro macchiettista-capo che seppe tenere unito il personale anche quando sembrò sul punto di essere destituito per un’intervista ((“Nel corso di una conversazione il Col. Chiappini affermò di aver dato l’ordine di rischieramento a Capodichino molto prima dell’ordine operativo che era giunto con un certo ritardo. Un giornalista pose orecchio alla conversazione e la riportò sul giornale per il quale scriveva. Giunsero quindi comunicazioni non ufficiali di una possibile rimozione del Col. Chiappini dall’incarico di Comandante)). Meno male che a Capo dell’A.M. c’era un uomo di grande sapienza e di grande prestigio, il Gen. Bartolucci, che io già conoscevo perché l’avevo avuto come Capo Ufficio allo SMA e del cui giudizio ancora mi fido.
Volammo in largo ed in lungo, ovunque ci fosse bisogno, andammo a portare coperte, giacche a vento, cibi e medicinali; ospitammo gli operatori delle TV ed i giornalisti che informavano il paese sugli avvenimenti.
Nel mentre, (“between”, direbbe Votantonio Berardo), Zeppieri ((T.Col. Zampieri Comandante della Squadriglia Collegamenti dello Stormo)) Airlines portava personale con il P166, da e per Ciampino con tonneau obbligatorio a Formia: Oliviero e De Cicco volarono “capasotta” insieme alle loro macchine da scrivere in un turbinio di fogli e facce verde-limone.
Fu una grande palestra, di giorno si volava e la notte i mezzi venivano messi in grado di riprendere il volo, un lavoro incessante da veri uomini del soccorso aereo.
Relazione sull’intervento del 15° Stormo effettuato in Irpinia.