A precedere la presentazione del libro, lunedì 20 novembre, presso l’85° Centro Combat SAR, abbiamo assistito alla costituzione della Sezione di Pratica di Mare dell’Associazione Gente del 15°. Il Presidente dell’Associazione, Gen. D.A. (a) Giacomo De Ponti ha illustrato l’evento e presentato il Presidente della costituenda Sezione, Col. Sergio Ivaldi ed il suo vice il Magg. Marco Mascari. L’iniziativa fa seguito alla costituzione della Sezione di Cervia e speriamo sia seguita da identiche iniziative a Trapani, Gioia del Colle ed a Decimomannu, nella speranza che vi sia sempre più identità fra Associazione e sedi in cui lo Stormo e le sue “appendici” operano.
A seguire, con il Presidente coadiuvato dall’editore, ossia dalla Rivista Aeronautica rappresentata dal Col. Cervone e dal T.Col Stefano Cosci, si è svolta la presentazione ufficiale del libro che racconta le gesta del Pellicano, e dei suoi uomini, nei 37 anni di impiego al 15° Stormo.
Il libro, ideato e magistralmente condotto nella concretizzazione dei vari menabò che si sono succeduti dal Gen. De Ponti, è una creatura realizzata interamente dall’Associazione e dai suoi uomini. Essi stessi sono stati gli autori dei testi, così come sono stati coloro che hanno reso disponibile buona parte delle immagini, inedite, che hanno arricchito le 236 pagine di cui si compone il volume.
La Rivista Aeronautica, che come già specificato è l’editore del volume, ha provveduto a mettere a disposizione gli archivi fotografici dell’Aeronautica Militare, arricchendo i testi con le immagini che raffigurano l’HH3F negli innumerevoli teatri in cui ha operato in giro per il mondo, ed ha svolto la delicata ed insostituibile opera di realizzazione del progetto grafico e della impaginazione.
Al di là della spiegazione dei contenuti del libro, già riportata nelle pagine del nostro sito, ed al di là delle pagine scritte vi sono, all’interno del libro, una serie infinita di pagine non scritte.
Pagine che appartengono alle differenti generazioni che hanno operato con e sull’HH3F e che hanno un filo conduttore comune per ogni generazione, così come, però, ogni uomo ed ogni donna che hanno volato l’HH3F hanno le loro pagine non scritte e che solo loro possono leggere sfogliando il libro.
Io appartengo alla prima generazione che ha volato l’HH3F. La mia abilitazione, riportata in un diploma che non ricordo più in che scatolone dell’ennesimo trasloco è andato a finire, riporta, se non ricordo male, il numero progressivo 24. Riuscii persino ad effettuare l’abilitazione prima di alcuni dell’Ibis III (il famoso Corso Squalo, o più malignamente da qualcuno definito Corso Attila perché dove passavano loro non cresceva più l’erba) che nel frattempo erano andati alla SGA per frequentare il Corso Normale.
La mia generazione è quella dell’arrivo massiccio dei Corsi Normali al 15° Stormo perché doveva arrivare l’HH3F e servivano tanti piloti. Il primo Corso fu proprio l’Ibis III, seguito dal Leone III, dal Marte III e così via. Arrivavamo a frotte di 10/12 per Corso. Del resto i nostri furono, credo, i Corsi accademici più numerosi del dopoguerra.
In attesa dell’arrivo dell’HH3F in quantità tali da poterci consentire il passaggio e l’abilitazione giocavamo al “pirata” per ingannare il tempo (è il gioco delle monete nascoste in una mano e che serve ad individuare chi paga il caffè) oppure giocavamo ad evitare di individuare il numero di serie di una banconota, sempre per trovare chi dovesse pagare il caffè. Perché non c’era altro da fare che bere caffè ed ingannare il tempo. Di volo poco, molto poco. Con gli AB47J e, ma solo per l’allarme, con gli AB204B.
Appartengo a quella generazione che non aveva un solo Sottufficiale negli Uffici. Però avevamo 3 Marescialloni Piloti, di quelli che avevano fatto la guerra!
Appartengo a quella generazione che come primo incarico ha svolto quello di Addetto alla Segreteria, poi Addetto all’Ufficio Voli per essere poi promosso Capo Ufficio Voli. I brogliacci (i registri ufficiali dove si riportavano i voli) li scrivevo a mano. Ed ogni semestre dovevo, insieme ad altri, realizzare gli stralci volo per i piloti, battuti a macchina in duplice copia. Quando, da T.Col. sono giunto allo SMA qualcuno ha cercato di spiegarmi cosa fosse il titolario d’archivio, l’ho fermato subito: l’avevo imparato da Tenente.
Appartengo a quella generazione che ha visto nell’arrivo dell’HH3F una rivalsa di tutto lo Stormo, anche dei colleghi dell’84° Gruppo che volavano sull’ala fissa, sull’HU16. Perché l’arrivo dell’HH3F ha fatto emergere quanto nobile fosse il lavoro del soccorso e degli…………….elicotteristi, termine pronunciato con un certo senso di malessere come veniva, e forse viene ancora, pronunciato in Aeronautica. Questo perché, purtroppo, è l’apparenza ciò che più colpisce e che più soventemente veniva, ed ahimè viene, considerata. Quindi un bell’elicotterone grande grande e con i suoi colori sgargianti non poteva che nobilitare il 15° ed i suoi uomini.
Appartengo a quella generazione che con orgoglio montava d’allarme con l’HH3F per le 24 ore di servizio d’allarme pronti in 30’ (considerando che bisognava prima passare in sala Operativa a prendere gli elementi della missione per poi dirigersi all’elicottero e che per metterlo in moto servivano non meno di 15’), con inizio dell’allarme alle 21.00. Per passare, allo scadere delle 24 ore, in prontezza 120’ per altre 24 ore. I due giorni di riposo successivi………………..(se avete immaginazione arrivateci da soli e comunque non esisteva lo straordinario).
Appartengo a quella generazione che andava in giro per l’Italia, ed anche fuori, con a bordo 2 piloti, un montatore, un motorista, un elettronico ed un elettromeccanico di bordo (EMB). Se poi la missione era su mare, oppure operativa, si imbarcava anche l’aerosoccorritore. Ed in caso di trasporto sanitario Medico ed, a volte, Aiutante di Sanità.
Appartengo a quella generazione che non aveva smartphone, Iphone e tablet e quando andava in giro per l’Italia intratteneva il tempo condividendolo e vivendolo insieme. Nelle mie pagine non scritte ci sono innumerevoli missioni fuori sede con cene fatte insieme all’equipaggio.
Appartengo a quella generazione che, a proposito di cene fatte insieme e del condividere ogni momento, inventò il Vittorino: il locale posto sotto la scala che portava all’Ufficio Operazioni e che fu adibito a cucina e sala da pranzo dell’equipaggio e di quanti si trovavano a passare in quel momento.
Appartengo a quella generazione che aveva un bel Circolo Ufficiali, così come i Sottufficiali, ed anche gli Avieri, avevano il loro. Ed i Circoli venivano frequentati e vissuti, anche la Domenica con le famiglie. Ed organizzavamo delle feste di carnevale, ovviamente in costume, che ancora oggi sono sulla bocca di tutti quando ci si incontra. Chi non ricorda Gianfranco, vestito da computer, con in testa uno schermo. Era il momento del boom dei computer e Gianfranco ne era forte assertore.
Appartengo a quella generazione che quando aveva voglia di organizzare qualcosa fuori dall’aeroporto aveva un suo ristorante preferito: il cadavere, in onore della foto del parente defunto appesa ad una parete, con tanto di lumino (come direbbe Totò) acceso.
Appartengo a quella generazione del Fiùùù, Firifiùùù, il fischio con il quale Antonio Toscano, detto Totonno, concludeva i suoi scritti ripetendo idealmente quel fischio che la mia generazione emetteva quando ci si incontrava. E per chi non lo ha mai sentito non si può spiegarne la melodia.
Appartengo a quella generazione, e ne sono enormemente orgoglioso, che nel libro sull’HH3F ha visto depositarsi la naturale ciliegina su una torta che ha racchiuso in se barriere da superare, professionalità, nuove esperienze, sentimenti, emozioni, paure, coraggio, risate, gioie ma anche lacrime. Ed è per tutto questo e per i valori che ci accomunano che abbiamo creduto e crediamo nell’Associazione Gente del 15°.
Appartengo alla generazione che…………………come è stato bello!!!!!! E per chi non c’è stato………………………non sapete cosa vi siete persi.
Il 18 agosto ci siamo ritrovati al Verano per la consueta cerimonia di ricordo del sacrificio di Francesco Asti. Verrebbe da dire che eravamo i soliti 4 gatti, ma non è vero.
Non è vero perché quest’anno eravamo di meno. Incombeva su di noi la mancanza di Gino Fischione.
Che io ricordi Gino, con la sua signora, era una delle certezze dell’incontro del 18 agosto.
A chi non è mai venuta voglia di spararsi la posa? Alzi la mano chi dice di no! Se poi si tratta di piloti credo sia impossibile vedere un braccio alzato. Quindi non posso nascondere che anche a me la voglia è venuta, ma il bello da raccontare è che la voglia poi mi è capitato vederla comparire nell’HH3F. Roba da non credere!
Il grido che riunisce tutta l’Aeronautica Militare è il “Gheregheghez”, ma quando al 15° Stormo si tratta di dimostrare lo spirito di corpo della specialità, il Soccorso appunto, il Reparto ha un grido tutto suo…
Non ricordo da quanti anni l’Associazione ha preso l’abitudine di incontrarsi al Verano per ricordare Francesco Asti, caduto il 18 agosto 1984, insieme agli altri Caduti del 15° Stormo.
Quest’anno l’incontro si è rinnovato vedendo la partecipazione non solo del fratello di Francesco, Arturo, ma anche della vedova Cristina e, come di consueto, del Capo corso del Nibbio III, il Gen. S.A. Maurizio Lodovisi. Leggi tutto “18 Agosto 2015 al Verano”
Qualche anno fa pubblicammo la storia “Non mollare mai” che descrive le operazioni di ricerca e soccorso di un paio di naufraghi a largo di Ponza. Alcuni giorni orsono uno dei due, Sebastiano Rech Morassutti, ha inviato una lettera con la descrizione della fine della storia: quella del ritrovamento e recupero della zattera di salvataggio. Pubblichiamo nuovamente la storia ed, a seguire, la lettera.
Sul sito www.liberoreporter.itè stato pubblicato un intervento, a firma Giuseppe Lertora, relativo alle operazioni di soccorso al traghetto Norman Atlantic
Ho volato con Claudio Campi un discreto numero di missioni, anche perché è stato uno dei principali istruttori dello Stormo concludendo la sua attività di volo con ben 10.000 ore all’attivo. Con lui Capo Equipaggio ho volato la prima settimana del terremoto dell’Irpinia poi, trascorrendo il tempo e progredendo io in carriera più di lui che ha iniziato come Sottufficiale per terminare con il grado di Colonnello, mi sono trovate ad essere io il Capo Equipaggio e lui il mio secondo.
Nel 1984, il Col. Pastorino come Comandante di Stormo, mi trovai a “montare” d’allarme – come si dice in gergo – proprio con Campi. Evidentemente era un periodo in cui scarseggiavano i secondi, visto che si montava d’allarme in due Capi Equipaggio. La giornata si prospettava abbastanza tranquilla; le condimeteo erano discrete, mentre nei giorni precedenti non erano state delle migliori.
Al suono della campanella d’allarme ci rechiamo in sala operativa per acquisire i dati della missione. Oggetto del soccorso una imbarcazione a vela di circa 15 metri di lunghezza con il timone in avaria. A bordo due persone, marito e moglie, di nazionalità svedese. Condimeteo: cielo parzialmente nuvoloso e mare forza 4/5 con vento sferzante, comunicazioni radio su frequenza HF con Roma Radio, una stazione delle Poste in contatto con l’imbarcazione, poi sul canale 16 delle frequenza UHF marine. Valuto la situazione: ci sarà bisogno di buona manualità nel caso ci sia da effettuare il recupero con verricello ed una sufficiente padronanza dell’inglese per colloquiare con l’imbarcazione. Il Capo Equipaggio dovrà gestire la manualità della missione ed il secondo le comunicazioni radio ed il coordinamento con gli Enti interessati. Il Capo Equipaggio sono io ed il secondo Claudio Campi, ma le peculiarità necessarie per la missione sono invertite, dei due chi ha la maggiore manualità è sicuramente lui e chi può gestire le comunicazioni in inglese sono io. Quindi decido di invertire le posizioni a bordo, Claudio siederà al posto del Capo Equipaggio ed io a quello del secondo.
Molto prima dei fatidici 30’ imposti per decollare dall’attivazione dell’allarme siamo in volo e dirigiamo verso la posizione stimata dell’imbarcazione, fra il Circeo e Ponza. Non impieghiamo molto ad individuarla. Il cielo è frastagliato di nuvole bianche e non piove, ma il mare è veramente agitato. La barca è una mono albero che oscilla paurosamente, completamente in balia delle onde. Gli ampi movimenti dell’albero lo rendono simile ad una frusta che sferza l’aria. In queste condizioni il recupero non è possibile perché l’albero andrebbe ad interferire con il cavo del verricello. Siamo stati avvistai che dal porto di Anzio è partito un rimorchiatore per effettuare il soccorso e traino dell’imbarcazione in avaria. Contatto il rimorchiatore e gli fornisco la posizione dell’imbarcazione, inoltre chiedo quando stima di raggiungere la zona, nel frattempo noi orbiteremo mantenendo sotto controllo la situazione pronti ad intervenire se necessario. La risposta del rimorchiatore ci lascia di stucco. Ha un motore in avaria, procede a velocità ridotta e stima di giungere in zona ben oltre il termine della nostra autonomia.
A questo punto dobbiamo procedere con il recupero che non può essere assolutamente effettuato da bordo dell’imbarcazione. Dovranno abbandonarla. Comunico la decisione ai coniugi dicendogli che dovranno imbarcarsi sul battello di emergenza che hanno a bordo e che vedo già pronto a poppa. Calano il battello e si imbarcano su di esso, però la situazione non migliora perché il canotto è ancorato all’imbarcazione e quindi resta affiancato ad essa. In pratica si trova nella stessa area in cui imperversa l’albero con le sue violente ed ampieoscillazioni. Gli dico che devono tagliare la cima ed allontanarsi dall’imbarcazione perché si posa effettuare il recupero. Vedo che l’uomo incomincia a recuperare la cima per avvicinarsi alla scaletta. Vuole tornare a bordo. Appena si avvicina alla scaletta questa viene sbalzata in alto da un onda e ricade violentemente sull’uomo. Oddio!! Ho paura che si sia fatto molto male, invece lo vedo arrampicarsi sulla scaletta e risalire a bordo. Ne riscende subito dopo e taglia la cima. Era senza coltello ed è risalito e prenderne uno!
Finalmente il battello si allontana dall’imbarcazione e possiamo procedere al recupero, però notiamo che l’uomo non indossa il giubbotto di salvataggio. Evidentemente ne hanno uno solo, quello che è stato indossato dalla donna. Claudio è impegnato ai comandi di volo, io controllo strumenti e speed selectors e dietro si apprestano al recupero. Ai comandi del verricello Mario Catini, mentre l’Aerosoccorritore è Mario Russo. Per chi non ha avuto il piacere di volare con questi due galantuomini è d’uopo qualche spiegazione. Mario Catini è un fantastico e brillante sottufficiale noto per la sua calma, la grande operosità e la battuta tagliente. La descrizione delle concitate fasi del recupero con mare forza 4 e le indispensabili indicazioni da dare al pilota giungono alle nostre orecchie con la voce di Mario che con calma, e direi anche flemma, sembra stia descrivendo come avviene il versamento del caffè dalla caffettiera alla tazzina. Mario Russo è un aerosoccorritore non più in giovane età e, come ha sempre detto il grande Totò, così sgraziato in acqua che nessuno direbbe essere in grado di fare l’aerosoccorritore. Noi ai comandi sappiamo che dietro operano due fra i migliori professionisti dello Stormo.
Mario incomincia a descrivere le fasi del recupero.
“Sto calando Mario con il verricello”
“La discesa è buona e costante”
“Mario sta toccando l’acqua. Eccolo è in acqua.”
“Sta nuotando verso il battello e lo raggiunge”
“Ecco che ha scatavoltato l’uomo in acqua e gli ha assicurato la ciambella”
“Li tiro su, salgono bene senza oscillazioni, sono prossimi alla porta”
A questo punto vedo la luce del MASTER CAUTION che si accende. Vado con gli occhi al pannello delle luci d’allarme e vedo quella del generatore nr. 1 accesa. Controllo la procedura da seguire, provo a resettare il generatore, ma non riprende a funzionare.
Per non preoccupare l’equipaggio evito di comunicare l’avaria. Tocco il braccio di Claudio e gli indico la luce accesa e l’avaria, lui mi fa cenno con la testa di aver capito. Non è un’avaria che comprometta il volo, c’è in funzione l’altro generatore, però è consigliato rientrare in aeroporto al più presto.
Nel frattempo il primo naufrago è stato recuperato.
La voce monotòna di Mario continua.
“L’uomo è a bordo” “Mario (Russo) sta prendendo fiato”
Intervengo io, il terzo Mario dei tre, dicendo “Mario, butta giù Mario”
“Sta riprendendo le forze”
Insisto: “Mario butta giù Mario”
“Non posso deve riprendere fiato”
“Mario, butta giù Mario abbiamo perso un generatore”
“Lo sto buttando giù”
La circostanza che mi ha sempre appassionato e divertito da morire, nel ricordare questo evento, è il tono, piatto, monotòno e calmo con cui il dialogo si svolse e nel quale l’unico che si trovò nel mezzo, inconsapevole del tutto, fu il povero Mario Russo praticamente buttato fuori dall’elicottero ancora con il fiatone per il considerevole sforzo compiuto.
Il recupero della donna, se pur complesso, avvenne senza ulteriori problemi e portammo i naufraghi e l’elicottero a Ciampino.
Il rimorchiatore raggiunse l’imbarcazione grazie alle indicazioni sulla posizione che noi gli avevamo fornito e ricoverò nel porto di Anzio.
I naufraghi furono fra i pochi, che io ricordi, che si ricordarono di ringraziare anche qualche giorno dopo inviando una loro cartolina.
Questo sito (o gli strumenti di terze parti in esso integrati) trattano dati personali (es. dati relativi agli strumenti di navigazione e indirizzi IP) e fa uso di cookie memorizzati sul tuo browser, raccogliendo le caratteristiche del tuo dispositivo al fine di rendere più fluida la navigazione.
Per questo motivo ti chiediamo di lasciare attivati anche i cookie che sono apparentemente "non necessari".
Questi cookie raccolgono informazioni provenienti dal browser (lato utente) e caratteristiche dei dispositivi di navigazione (es. Risoluzione dello schermo), al fine di rendere più rapida e fluida la navigazione al sito. Anche se l\'AG15 non utilizzerà mai per altri fini questi dati, l\'attuale codice della privacy (ovvero il GDPR vigente), richiede che l\'utente ne sia debitamente informato...