Insieme a Papò credo che Gianmarco Belillo sia stato il sub più conosciuto della nostra Aeronautica; certo i giovani no, ma i diversamente giovani (come me) sicuramente lo avranno sentito nominare almeno una volta.
Così lo descrive il suo compagno d’Accademia del corso Urano 2° Bruno Servadei : “un leader nel suo campo, quello della sopravvivenza in ambiente ostile e dell’escursionismo. Una vita, la sua, dedicata allo sport all’aria aperta con qualsiasi mezzo, dalle gambe alla bici, dagli sci alla canoa o la barca a vela.”
Se ne andato lasciando un vuoto tra gli amici che lo ricorderanno sempre con grande affetto e con i quali condivideva sempre i suoi momenti più belli. Ecco una foto, forse l’ultima scattata a maggio del 2021 per festeggiare il suo compleanno con tutti gli istruttori sub che lui stesso aveva formato, poco prima della improvvisa emorragia cerebrale che lo aveva colpito.
Di lui scrive ancora il nostro socio Giangavino Cuccu: “Penso che tra i piloti e gli equipaggi d volo dell’AM, solo in pochi non abbiano avuto l’opportunità di conoscere Gianmarco Belillo. Elemento di punta della “squadra del grande Papò, ci ha insegnato a sopravvivere nei corsi al Terminillo, seguito spesso dal suo inseparabile pastore tedesco, e sul lago di Bracciano dove ci ha fatto da istruttore fin’anche nei corsi di vela. Come tutti gli Ufficiali del Ruolo Normale ha dovuto “subire” anche un periodo d’impiego allo Stato Maggiore ed in quella circostanza ci siamo trovati ad essere “vicini di scrivania”. Eravamo nell’Ufficio Pubblica Informazione ed in quell’anno l’attività era molto intensa per tutti noi perché si era scatenata una vivace campagna di stampa rivolta verso l’Aeronautica a seguito dell’incidente di Ramstein e per il riacutizzarsi delle fantasie riguardanti la tragedia di Ustica. Ma anche in questa attività per lui tutt’altro che usuale, si muoveva con professionalità, calma e saggezza. Era una bella persona ed è stato un vero piacere averlo potuto frequentare e continuare ad attingere alla sua straordinaria fonte di esperienze.”
Non rimane che riconoscerlo in qualche vecchia fotografia:
Mammajut