Questo articolo ci riporta indietro nel tempo: sono passati molti anni da quando si svolsero i fatti.
Sul salvataggio delle vite umane a Sarno e Quindici nel lontano 1998 è stato scritto più volte, ma pubblichiamo volentieri questo articolo perchè, al di là dei fatti di cronaca, emergono in esso alcuni sentimenti e alcune considerazioni che difficilmente troviamo leggendo i racconti “delle cose fatte”.
“Babbo, ma allora sei un eroe? Ecco, queste parole dette dai tuoi figli ti fanno sentire bene. Se le unisci a quelle dette dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, mentre ti guarda negli occhi e ti stringe la mano ringraziandoti a nome di tutto il popolo italiano, ti fanno sentire appagato.
Forse dovrei dire che chiunque al posto mio avrebbe fatto lo stesso, magari con risultati migliori, e che fu merito di tutto l’equipaggio, ma il merito me lo voglio prendere comunque. Ero Comandante dell’85° Gruppo da sei mesi; tutto il reparto si era trasferito da Ciampino a Pratica di Mare nel giro di pochi giorni, a cavallo delle feste natalizie. Il personale era inquieto, molti erano i problemi legati al drastico cambiamento.
Anche i miei piloti erano demoralizzati, avevamo lasciato un ambiente collaudato e familiare per ritrovarci in locali scarni e angusti. Inoltre si cominciava a pubblicizzare molto la nostra capacità di volo notturno, con i visori ad intensificazione luminosa (NVG) e mi chiedevo se fossimo veramente pronti. Decisi di dedicare una settimana al mese al volo notturno; di giorno il Gruppo avrebbe operato al minimo e la sera, fino a notte inoltrata, si sarebbero volate tre o quattro missioni con gli NVG.
Ottenni così un’elevata operatività in termini di volo notturno, ma anche una spinta motivazionale per i piloti ed un aiuto al personale che in quei giorni si trovava con giornate a disposizione per poter fare fronte alle difficoltà che il trasferimento aveva portato. Ma del resto al 15° Stormo si trova sempre terreno fertile.
L’addestramento, il raggiungimento di un elevato standard operativo, quando in ballo c’è la salvaguardia della vita umana è un obiettivo a cui si dedica ogni sforzo, senza mai tirarsi indietro. Quindi, quando quella sera del 5 Maggio 1998 si verificarono gli eventi di Sarno e Quindici, eravamo pronti.Operammo tutta la notte, sempre al limite delle nostre umane capacità e della capacità dell’HH3F, elicottero dalle specifiche tecniche tali da poter essere flessibile nell’impiego e operativo in ogni ambiente e condizione climatica. Quando hai un mezzo di questo tipo e uomini consapevoli delle loro potenzialità non ti ferma nessuno. Il mio equipaggio ed io fummo i primi ad essere impiegati, e più tardi ci affiancarono altri equipaggi del mio Gruppo e della Squadriglia di Grazzanise.
Traemmo in salvo centinaia di persone, solo in quella notte. Il conferimento della Medaglia d’Argento al Valore Aeronautico relativa a quelle operazioni, rappresenta per me il massimo risultato professionale ottenuto nei miei 40 anni di volo, anche a fronte di altre esperienze e riconoscimenti ottenuti durante la mia carriera militare, quali le missioni volate in Somalia nel 1993, in Libano nel 1988-1989, per le quali sono stato insignito del Premio Nobel per la Pace, assieme a tutti i caschi blu dell’ONU di quell’anno, e in Kossovo nel 1999. Ma niente varrà di più del sorriso sdentato di quella signora anziana, appena recuperata dal tetto della sua casa sommersa dal fango nel paese di Quindici, che, una volta sbarcata dall’elicottero, mentre ci passava di fronte, con una mano cercava di ripararsi dalla luce del faro e con l`altra alzata e tremante ci voleva inviare un cenno.
Nel camminare incerti nel fango dell’improvvisata piazzola di atterraggio, proprio di fronte all`elicottero, barcollando forse per l`età, forse per il freddo o per la paura, tutte quelle persone anziane che erano con lei, pur avendo trascorso molte ore nell`ansia e avendo fatto la traumatica esperienza del recupero con il verricello, trovarono il modo di rivolgerci, con fierezza, un cenno che non credo fosse di saluto o di ringraziamento ma piuttosto di riconoscimento del lavoro che avevamo fatto. Probabilmente la loro età li rendeva più coscienti di noi dell`importanza di ciò che stavamo facendo.
Per noi era l`applicazione di procedure e di capacità sviluppate negli anni, per loro era la presa di coscienza di appartenere ad una società che nonostante tutto riusciva a proteggerli in qualsiasi luogo, tempo e circostanza.”
Mammajut