Episodi di valore di giovani dell’Aviazione Ausiliaria per la Marina nei lontani giorni di Punta Stilo
– di Raffaele Conversano –
Queste pagine raccontano le lontane vicende di un gruppo di giovani piloti della 148a Squadriglia RML (Ricognizione Marittima Lontana) dell’Aviazione Ausiliaria per la Regia Marina, e dei loro equipaggi, nei quaranta giorni di permanenza nella base siciliana di Augusta, quando nel luglio 1940 furono inviati da Vigna di Valle, l’Idroscalo sul lago di Bracciano, per eseguire pattugliamento marittimo tra la Sicilia e la costa libica e cirenaica. Le imprese di cui si resero protagonisti, soprattutto nei giorni di Punta Stilo, testimoniano come, pur nei limiti organizzativi e tecnologici che caratterizzavano in quel momento l’attività bellica e la presenza aerea italiana nel Mediterraneo, la combinazione di abilità, coraggio e fortuna consentì loro di giuocare ed assolvere un ruolo importante nella fase iniziale del confronto tra la giovane Regia Marina e la più esperta Mediterranean Fleet britannica per il dominio del Mediterraneo Centrale, area così vitale per le sorti dei rifornimenti alle truppe italiane schierate nelle nostre colonie africane.
Nel lavoro di ricerca, si è fatto riferimento ai Diari storici delle singole Squadriglie disponibili presso l’Ufficio Storico dell’Aeronautica militare e ai pregevoli testi di Tullio Marcon: Augusta !940-43; Quarant’anni, due idroscali; Ali Marine. Per quanto riguarda la Regia Marina sono stati di grande aiuto il volume di Giorgio Giorgerini, La guerra italiana sul mare, e i molteplici volumi sulla guerra della Marina italiana negli anni 1940-45 di M. Bragadin. Informazioni e conferme sono state ricavate dal testo Malta: The Hurricane Years 1940-41, di C.Shores, B.Cull, N.Malizia, dalla consultazione di Admiralty War Diaries and Reports, sul Naval-History.Net e del Malta War Diary, Monthly Archives, (http://www.maltagc70.com/).
Ringrazio il Ten. Col. Massimiliano Barlattani dell’Ufficio Storico dell’Aeronautica per l’attento insostituibile supporto ed i suoi collaboratori dell’Ufficio tutto.
Un grazie anche gli amici dell’Ufficio Storico della Marina per l’attenta disponibilità a segnalare testi di consultazione.
Le vicende qui descritte fanno parte di un lavoro più complesso,attualmente in atto, di ricostruzione dei momenti più salienti della vita di mio padre Remo come pilota di Idrovolanti, negli anni della Regia Aeronautica ed in quelli dell’Aeronautica Militare.
A questo lavoro non mi sarei accinto senza lo sprone del mio amico carissimo Beppe Arcangeli, dirigente dell’Associazione Trasvolatori Atlantici, appassionato storico dell’aviazione e, soprattutto, figlio d’arte e pilota.
Raffaele Conversano
Roma, settembre 2015
La 148a RML di Vigna di Valle
La Ricognizione Marittima Lontana, per distinguerla da quella Costiera, è la forza dell’Aviazione Ausiliaria destinata ad assolvere compiti di ricognizione ad essa assegnati dalla Regia Marina ed è presente con basi terrestri in tutti i settori marittimi nazionali del Mediterraneo Centrale e dell’Egeo. Il Comando Superiore dell’Aviazione per la Regia Marina, abbreviativo Marinavia, creato nel 1939 in seno a Supermarina per assicurare una più stretta collaborazione tra le due armi, è di competenza dell’Aeronautica e il 10 giugno è affidato al Gen. B.A. Francesco Marini.
Oltre agli Idro di base a terra, l’Aviazione Ausiliaria per la Regia Marina si dota anche di Idro imbarcati sulle maggiori navi della flotta, cioè corazzate e incrociatori, che offrono al comandante della squadra navale l’opportunità di eseguire ricognizioni marittime estemporanee e autogestite. L’aereo, quasi sempre il biplano Ro.43, in condizioni ambientali favorevoli è catapultato dalla prua del vascello e, effettuata la perlustrazione marittima, può ammarare, ove possibile, ed essere recuperato in seguito.Il suo utilizzo diventerà routine abituale in occasione degli scontri navali.
La responsabilità della missione di ricognizione è affidata all’Osservatore. L’Osservatore è un ufficiale di Marina appositamente addestrato, che concorda i piani di volo con l’equipaggio del velivolo, decide nel corso della ricognizione aerea le eventuali variazioni, trasmette in volo al Comando della Marina il tipo di avvistamento effettuato, la qualità del naviglio avvistato, le azioni e la tattica conseguenti. Gli Osservatori costituiscono un corpo scelto della Regia Marina, composto solo da ufficiali di livello qualitativo elevato, destinati alla ricognizione imbarcata o alla RML e, nel corso del conflitto, saranno anche a bordo dei nostri aerosiluranti. La responsabilità della conduzione dell’aereo cade ovviamente sul pilota, un ufficiale dell’Aeronautica, coadiuvato da un secondo pilota e da personale tecnico anch’esso dell’Aeronautica. Questi uomini per ore e ore, scrutano muniti di binocolo l’infinita distesa del mare, l’increspatura delle onde, la linea dell’orizzonte: si perlustra l’area alla ricerca di navi, scie, convogli. (1)
La 148a Squadriglia RML (Ricognizione Marittima Lontana) nasce all’inizio del 1940 all’idroscalo di Vigna di Valle, classificato Aeroporto Armato di 1a Classe, in concomitanza dello scioglimento dell’88° Gruppo Idro Caccia Marittima che ivi aveva la sua sede pluriennale. La 148a RML risponde al Comando Aviazione Basso Tirreno, assieme ad altre Squadriglie RML. All’inizio del conflitto, la forza del Reparto di Vigna di Valle è costituita da 21 Piloti, 1 Osservatore della Marina, 31 Specialisti e 51 Avieri di governo, ed è dotata di 7 Idrovolanti Cant Z501. Comandante della Squadriglia è il Cap. Pil. Francesco Valvo.
Mio padre Remo Conversano giunge alla 148a nel marzo di quell’anno, sottotenente fresco del passaggio in SPE (Servizio Permanente Effettivo), arrivando dalla Scuola di Guerra di Firenze dove aveva frequentato l’apposito corso per ufficiali di complemento. Il suo in realtà è un ritorno, perché a “Vigna” era stato per due anni in forza proprio all’88° Caccia Marittima, dal luglio 1937 al maggio 1939. In precedenza, conseguito il diploma d’Insegnante di Educazione Fisica presso l’Accademia Fascista della Farnesina, ma entusiasmato dalle imprese atlantiche di Italo Balbo e dei suoi trasvolatori, nel giugno 1936 aveva chiesto di compiere il servizio militare in aeronautica ed aveva frequentato da allievo ufficiale la Scuola di Pilotaggio per aerei Idro del Lido di Roma, poi quella di Portorose nella penisola istriana, oggi territorio sloveno. (2)
Il Cant Z501 è un idrovolante costruito dai Cantieri Navali Riuniti di Monfalcone, molto elegante ed innovativo al momento dell’adozione. Entrato in produzione nel 1935, l’aereo è un monoplano, con vantaggi significativi rispetto agli Idro biplani in dotazione alla Caccia Marittima e alla ricognizione aerea: 275 km/h di velocità massima, quota di tangenza di 7000 metri, capacità di carico di 5 uomini d’equipaggio in assetto operativo e, soprattutto, notevole autonomia (2400 km). L’armamento di lancio è di tre mitragliatrici da 7,7 mm in postazioni singole; quello di caduta è di combinazioni di bombe fino al massimo, mai utilizzato, di 640 kg. (3). L’impiego bellico e la rapida evoluzione tecnologica in atto nell’arma aerea evidenzieranno sin dai primi mesi del conflito i limiti del 501, in particolare la scarsità del volume dello scafo disponibile per il recupero naufraghi, la sua incerta affidabilità di fronte all’uso intensivo imposto e sopratutto la sua eccessiva vulnerabilità, per le differenze di velocità e di armamento rispetto alla caccia nemica. Per questo sarà chiamato “Mammaiut”. L’incontro del 501 con i Fullmar delle portaerei inglesi, capaci di oltre 400 km/h e armati di otto mitragliatrici alari, o con gli Hurricane di stanza a Malta dopo le prime settimane di guerra, capaci di oltre 500 km/h e con un minimo di 8 mitragliatrici o di cannoni da 20 mm, sarà drammatico e costerà molto caro ai nostri piloti.
L’Aeronautica limiterà quindi l’utilizzazione del 501 ad attività di trasporto costiero e di scorta di convogli marittimi, sostituendolo, sia per le missioni di RML che di soccorso naufraghi, con il prestigioso Cant Z506B, un Idro trimotore originariamente destinato ad azioni di bombardamento marittimo, e più tardi anche con il RS14, Idro bimotore prodotto da Fiat CMASA.
10 maggio 1940: la data che cambia il destino dell’Europa e avvia lo storico declino
Alba del 10 maggio 1940: l’esercito tedesco attacca sul fronte occidentale le truppe francesi e inglesi, ponendo fine alla schermaglia in atto. Da quell’istante I’irreversibile processo di disintegrazione dell’Europa e dei suoi imperi, già in atto con l’evento prima guerra mondiale del 1914, acquista una velocità travolgente e le forze ineluttabili, che dall’inizio del secolo XX stanno spostando il baricentro della storia dall’Europa ad altri continenti, trovano il loro compimento per l’instaurazione di un nuovo ordine mondiale che non vedrà più l’Europa occidentale protagonista della storia, ma al più comprimaria. Da questa data, l’evoluzione del conflitto europeo, avviato nel 1939 dopo vent’anni di pace precaria, non offre nessuna realistica possibilità di compromesso.
Il Patto tra Hitler e Stalin aveva consentito nel 1939 ai due dittatori la spartizione della Polonia e ad esso Inghilterra e Francia avevano risposto dichiarando guerra alla sola Germania. Spartitasi la Polonia, era stata emessa una dichiarazione comune tedesco-sovietica secondo la quale, ormai risolta la questione polacca, la guerra doveva cessare e quindi della sua prosecuzione solo la Francia e l’Inghilterra avrebbero seguitata a portarne la responsabilità (4).Tutto avrebbe potuto finire lì, accettando la logica della proposta tedesca e sovietica. Le due grandi democrazie invece avevano assunto questa responsabilità, ma in maniera passiva, come un atto dovuto, senza intraprendere alcuna significativa iniziativa belligerante, come invece avevano promesso alla Polonia facendosene garanti, e trattenendo le oltre 110 divisioni schierate ai confini (5). Come affermò in seguito il generale tedesco Jodl a Norimberga, se avessero onorato quel loro impegno, già nel 1939 la Germania sarebbe crollata non essendo attrezzata a sostenere uno scontro su due fronti. Iniziò invece una guerra strana, soprannominata dai francesi drôle de guerre, ‘guerra farsa’, dai tedeschi Sitzkrieg, ‘guerra sedentaria’, con le truppe di due potenti eserciti che si fronteggiavano nella noia più totale sul fronte occidentale, lungo la linea Maginot e la linea Sigfrido: una generale risposta negativa alla domanda ad effetto di Marcel Déat Mourir pour Dantzig? (6) Sembrava una pericolosa schermaglia, la prosecuzione inevitabile delle contrapposizioni che avevano caratterizzato la politica estera di tutto l’ultimo decennio europeo, in cui le principali potenze, sia quelle vincitrici della prima guerra mondiale, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, sia quelle sconfitte, la Germania e la Unione Sovietica, si confrontavano per riaffermare, le prime il mantenimento di una leadership mondiale e, in Europa, lo status quo degli accordi di Versailles, le seconde la loro sovranità ed il diritto anch’esse ad una politica imperialistica mondiale; con l’Italia, che, rimasta delusa pur essendo potenza vincitrice, limitava le sue pretese revisioniste nella regione del Mediterraneo e del Corno d’Africa. Ma il comportamento, pur crescendo il contenzioso e la contrapposizione, era come se nessuno dei contendenti volesse nuocere definitivamente all’altro. Al momento, di serio ma neanche tanto, era cominciata solo la guerra sottomarina tedesca nell’Atlantico, per tagliare i rifornimenti all’Inghilterra, e quella inglese nel Mar del Nord, per tagliare quelli alla Germania. L’Italia, con grave disappunto di Mussolini, protagonista della scena internazionale sino ad un momento prima, appariva relegata ad un ruolo di secondo piano, e restava (saggiamente) “non belligerante”, in questo dando di fatto una mano ad Hitler, che aveva l’interesse ad isolare e limitare il conflitto, senza dilatarlo a quel Mediterraneo che non rientrava nei suoi obiettivi e che avrebbe potuto causare un indebolimento del potenziale tedesco; soprattutto avrebbe allontanato qualunque possibilità di compromesso con Francia e d Inghilterra.
E questa situazione di schermaglia si protrasse per tutto l’inverno e l’inizio della primavera 1940, quando Hitler comprese d’aver giocato d’azzardo, di essersi illuso di poter trovare un accordo con Francia e Inghilterra, facendo inutilmente importanti offerte all’Inghilterra e dimostrandosi tollerante nei confronti della guerra che l’Unione Sovietica aveva scatenato contro la Finlandia. Allora, fulmineamente, occupò la strategica Norvegia, battendo sul tempo la contemporanea e goffa iniziativa britannica, e la vicina Danimarca. Era il 9 aprile 1940. Fino a quel momento, tutto il mondo era rimasto impressionato, affascinato ed atterrito, dalla Bliztgrieg, la guerra lampo tedesca, ma era solo l’inizio: all’alba del 10 maggio le truppe tedesche attaccano ad occidente e la guerra, quella vera, divampa, tutto travolgendo in territorio francese, gli inglesi fino al mare, ed arrivando a occupare Parigi il 14 giugno ed i confini con la Svizzera e le coste atlantiche della Normandia e della Bretagna, fondamentali per le basi dei sommergibili che così possono evitare il transito della Manica ed il periplo del mar del Nord. E’ la disfatta degli alleati, una Caporetto moltiplicata per cinque: Hitler è signore della guerra e padrone d’Europa. E vuole ora la pace ad occidente.
In questa stupefacente situazione, Mussolini entra in guerra il 10 giugno, con l’avallo del Re, dell’ineffabile Badoglio, dello stato Maggiore, tutti speranzosi in una sua brevissima durata e furbescamente schierati per una condotta di guerra completamente difensiva: della velocità d’azione dei tedeschi e della loro meticolosa preparazione bellica non si era imparato nulla. E questa mancanza di determinazione sul piano strategico sarà fonte di successive difficoltà sul piano bellico con conseguenze negative, peraltro assolutamente prevedibili. Unico personaggio di spessore che accorre a Roma per cercare di dissuadere il Duce dal gioco d’azzardo è il governatore della Libia, Maresciallo dell’Aria Italo Balbo, che conosce ed apprezza le potenzialità del mondo anglosassone, dove conta molte amicizie, e della associata finanza internazionale; soprattutto, nemico storico di ogni alleanza con i tedeschi, che teme moltissimo. Nel Paese anche la gente, sull’onda dei successi recenti del regime, le guerre d’Etiopia e di Spagna, e soprattutto delle strepitose vittorie di Hitler, si era convinta che non fosse il caso di lasciare vincere la Germania da sola e che finalmente il Mediterraneo potesse divenire il Mare Nostrum rivendicato da sempre e mai concesso dalle flotte di Francia e Inghilterra. Le speranze italiane erano il verificarsi, dopo quello con la Francia, di un compromesso tedesco anche con l’Inghilterra, che sembrava oramai isolata e con l’unico alleato, gli Stati Uniti, sempre trincerato nel suo storico isolazionismo, e che la foraggiava con forniture militari, ma la dissanguava però economicamente. In fondo, essa aveva il suo impero coloniale ancora intatto, la sua flotta potente e, per salvarsi, essa forse l’avrebbe accettato. Molti erano favorevoli, anche perché cinicamente Hitler non voleva affondare il colpo contro di essa. Per tutto il mese di giugno e quello di luglio egli non si mosse: non volle bombardare Londra, consentì l’evacuazione dell’esercito inglese dalla spiaggia di Dunkerque fermando i propri carri armati a pochi chilometri; inoltre aveva concesso l’armistizio alla Francia garantendole la sovranità delle zone del territorio nazionale non occupate dall’esercito e delle sue colonie oltremare, di fatto trasformandola in una potenziale alleata. “Gli inglesi avranno la pace quando la vorranno” andava affermando Hitler, ordinando la parziale smobilitazione dell’esercito e lo scioglimento di 35 divisioni. Nel suo visionario programma mondiale c’era, da sempre, lo” spazio vitale” ad Est, cioè la distruzione dell’Unione Sovietica, con cui era costretto a momentanei buoni rapporti. Ma sull’altra sponda egli aveva di fronte non un uomo ma un mastino di nome Churchill. Di nobile famiglia, ostinato come sanno esserlo gli inglesi di nobile estrazione, genuino prodotto di un’aristocrazia da sempre tenace e determinata, abituata da centinaia di anni a gestire il mondo concedendo poco, spesso nulla, alle altre nazioni: “if you’re gonna go through hell, keep going”, l’affermazione che amava ripetere.
La guerra nella 148a
L’annuncio dell’entrata in guerra dell’Italia, si legge nel Diario Storico della 148a, “è appreso da tutto il personale con vivo entusiasmo. Subito dopo aver ascoltato lo storico discorso del Duce, tutto il personale viene riunito e il comandante dell’aeroporto illustra la missione cui ognuno è chiamato, incitando tutti a compiere sino all’ultimo il proprio dovere”. L’atmosfera è d’ineluttabilità dei grandi eventi ai quali la storia chiama a partecipare. L’entusiasmo è reale, intatti il ricordo dell’Etiopia e quello recente dei vittoriosi duelli aviatori nella guerra di Spagna e, anche se il processo di riorganizzazione avviato era ancora all’inizio, la Regia Aeronautica sembra affacciarsi nel conflitto con una capacità bellica sostanzialmente equivalente a quella del nemico. I nostri piloti sono giovani cresciuti sotto il regime di Mussolini, dopo anni nella GIL o nei GUF, dunque permeati di una concezione maschia ed eroica della vita, pronti a battersi, a mettersi in gioco. Il coinvolgimento, per la maggior parte di essi, non è condivisione di un fanatismo ideologico ma, più semplicemente, profonda identificazione della propria esistenza con il sentimento di appartenenza alla nazione Italia, e lealtà alla patria, onore, coraggio, disciplina, sacrificio, sono concetti non retorici per questi uomini. Essi non riescono, forse non vogliono in quel momento, fare calcoli sull’entità dello scontro titanico che si sta preparando, sulla potenza industriale e capacità tecnologica dell’avversario, sulla possibile impreparazione del paese per una guerra moderna, fatta di efficienza organizzativa, di ricchezza di materie prime, d’innovazione tecnologica e modernità delle armi, di rapidità ed audacia nelle decisioni. Le prime disfatte d’Africa e di Grecia apriranno i loro occhi, ma saranno solo momenti d’incertezza. Poi, con l’intervento in guerra degli Stati Uniti, sarà troppo tardi.
Già nei giorni precedenti il 10 giugno a Vigna di Valle l’attività è concentrata sui preparativi di guerra. Poiché il Reparto è di recente costituzione, una parte dei velivoli deve ancora essere messa a punto sul piano bellico. Si controllano i motori, le istallazioni di bordo, le mitragliatrici, i nastri delle munizioni. Si decentrano i velivoli sui gavitelli, altri si ormeggiano alla banchina, carburante ed esplosivi sono collocati in aree mimetizzate, al personale sono consegnate le piastrine di riconoscimento.
Il giorno 9, l’ultima domenica di pace, arriva la richiesta del Comando Aviazione Basso Tirreno di trasferire il giorno successivo a Nisida due velivoli efficienti con i loro equipaggi, seguiti poi da altri due aerei nei giorni seguenti con avvicendamento di equipaggi. L’attività bellica antisom e quella di ricognizione scattano il giorno 10 a Nisida come in tutte le basi italiane: a Vigna di Valle il 15 giugno un 501, pilotato dal comandante Cap. Valvo, avvista un sommergibile a 10 miglia al largo di Porto Ercole e lo bombarda senza colpirlo da una quota di trecento metri, con bombe da 160kg. L’attività bellica in questi primi giorni rimane però limitata e anzi, appena la Francia firma alle 19 del 24 giugno l’armistizio con l’Italia, i due Idro rientrano da Nisida a Vigna di Valle.
La guerra sul mare: l’Inghilterra fa sul serio e si va in Sicilia
Per le Marine italiana e inglese, con la defezione della Francia, si crea una nuova situazione strategica nel Mediterraneo. La flotta inglese deve far fronte da sola alla potente Marina italiana che controlla il centro del Mediterraneo ed i collegamenti con l’Africa e gli inglesi non perdono tempo, costituendo a Gibilterra la Forza H per rimpiazzare quella francese nel Mediterraneo Occidentale, e rafforzando la Mediterranean Fleet nella base di Alessandria per il controllo del Canale di Suez. Così, il 3 luglio una squadra partita da Gibilterra colpisce proprio le navi francesi di stanza a Orano, in Algeria, danneggiando diverse corazzate e navi minori (Mers el Kebir). Muoiono 1500 marinai francesi e la parte scampata della flotta deve riparare a Tolone. Ancora, il 5 luglio l’ammiraglio Cunningham ordina da Alessandria l’attacco di Tobruch, dove sono ancorate navi italiane, con un’azione concertata di 11 bimotori Blenheim, che bombardano l’aeroporto T2 scortati da 12 caccia Gladiator, e di 9 aerosiluranti Swordfish, che attaccano con successo la rada, causando gli affondamenti del cacciatorpediniere Zeffiro e del piroscafo Manzoni, e colpendo anche i piroscafi Liguria e Serenitas ed il cacciatorpediniere Euro.
Per la Regia Marina il problema è l’approvvigionamento via mare delle colonie africane con armi, truppe e combustibile. Ora i convogli italiani in partenza per la Libia vanno protetti con la scorta di squadre navali e con l’intervento della Regia Aeronautica. Le basi aeree meridionali vanno rafforzate. In tale quadro, il giorno 3 luglio Supermarina richiede al Comando RML di Nisida di dislocare una sezione di 4 Idro 501 della 148a Squadriglia sulla base di Augusta, alle dirette dipendenze del Comando dell’83° Gruppo Autonomo. L’83° Gruppo Autonomo R.M. è composto dalle Squadriglie RML 184a, 186a, 189a, cui si è aggiunta la 170a proveniente dal 91° Gruppo Bombardamento Marittimo. Si tratta di una forza numerica importante per un Gruppo, ben 547 uomini, con 86 Piloti, di cui 35 ufficiali e 51 sottufficiali, e 19 Osservatori, tutti ufficiali di Marina. La linea di volo vede 22 Cant Z.501, 4 Cant Z.506 della 170a, un R0.43. In totale 27 velivoli, un numero notevole.
I quattro aerei della 148a decollano da Vigna di Valle per la Sicilia, destinazione Augusta, il giorno successivo alla richiesta di Supermarina, cioè il 4 luglio. Sono gli Idro:
– 148-3 (1°Pil. Ten. Vannio Vercillo, 2°Pil. Serg. Antonino Ferrante, Oss. T.V. Mario Colussi, R.T. 1°Av. Ruscica Giuseppe, Mot.1°. Giovannetti Ilio ),
– 148-4 (1°Pil. S.Ten. Remo Conversano, 2°Pil. Serg.M. Sebastisano Micali, Oss. T.V. Corrado Silvestri. R.T. Av. Merlino Francesco, Mot. Av. Prinzivalle Cosimo),
– 148-6 (1°Pil. S.Ten. Fulvio Simiani, 2°Pil. Serg.M. Nino Vielmo, R.T. Av. Patuzzo Giuseppe, Mot. 1°Av. Buscemi Vincenzo, Mont. 1°Av. Pepe Giuseppe),
– 148-7 (1°Pil. Mllo Giuseppe Enea, 2aPil. Serg. Alberto Dragan, R.T. Av. Pietro Montini, Mot. Av. Ercole Di Marco, Arm. 1°Av. Luigi Mastrogiovanni ).
Per i giovani piloti è il vero battesimo di guerra e l’inizio della sfida alla flotta inglese ed alla caccia in agguato sulle portaerei, per trasmettere un segnale radio di avvistamento, di posizione, di rotta e velocità delle navi nemiche; si deve restare in zona e seguirne l’evoluzione fino al massimo dell’autonomia, ed evitare lo scontro aereo, sottraendosi a esso consci della propria inferiorità di armamento e di velocità di scampo.
I giorni di Punta Stilo
7 Luglio – I movimenti navali nel Mediterraneo
Tutto comincia oggi. Una squadra italiana d’incrociatori è in movimento a protezione di un convoglio di rifornimenti per Bengasi, partito da Napoli il giorno precedente, e si dirige verso Malta in previsione del possibile intervento d’incrociatori inglesi ivi stanziati. Inoltre, a sostegno strategico, nel pomeriggio si muove da Taranto anche una potente squadra italiana, agli ordini dell’ammiraglio Campioni, con le corazzate Cesare e Cavour, alcuni incrociatori e cacciatorpediniere; 11 sommergibili sono disposti in agguato.
Anche la Mediterranean Fleet è in movimento. Supermarina ha notizia che la squadra di Alessandria ha preso il mare e si dirige verso ovest, agli ordini dell’ammiraglio Cunningham. Compito della squadra di Cunningham è, si saprà a guerra finita, di dirigersi verso Malta per proteggere e scortare ad Alessandria un convoglio in partenza dall’isola. Secondo il piano operativo britannico, i 3 gruppi in cui essa risulterà suddivisa devono procedere separatamente, per riunirsi in un punto stabilito situato a 120 miglia a est di Capo Passero (estremità sudorientale della Sicilia) e proseguire poi in direzione nord-ovest alla velocità di 20 nodi, mentre i ricognitori della RAF di Malta avrebbero eseguito un’estesa ricognizione di controllo delle acque mediterranee.
Sulla base di questi complessi movimenti navali Super Marina chiede l’esplorazione del Canale di Sicilia e del Mediterraneo orientale. Così, la mattina del 7 luglio si muovono da Augusta i quattro 501 della 148a per un’esplorazione R.28 (7) con ammaraggio e pernottamento all’idroscalo di Menelao. Il 148-4 di Conversano ed il 148-7 di Enea decollano alle 05,20 da Augusta, gli altri due, quelli di Vercillo e di Simiani, decollano da Augusta alle 10,10. Conversano è costretto a rientrare ad Augusta alle 8,50 per un’avaria al motore ma riparte immediatamente alle 12.20 per giungere a Menelao la sera alle 19.50.
Addio, bella Sicilia, al verde dei tuoi giardini profumati. Avvicinandosi alla baia di Menelao dal mare, per i nostri piloti si staglia all’orizzonte una striscia gialla e piatta, riflesso di tutta la sabbia che attende l’equipaggio all’approdo e del clima torrido estivo; invano si cerca una sembianza d’idroscalo: solo qualche idrovolante che galleggia alla fonda, una baracca, delle tende. Gli Idro ammarano senza aver effettuato avvistamenti nemici. Nella baia di Menelao è posto il Campo C.56, sulla costa cirenaica del Golfo di Bomba, fra Derna, distante circa 70 km, e la piazzaforte di Tobruk, distante 130 km. Il Campo C.56, nella parte Nord del Golfo, alla foce di un torrente sempre asciutto, è la base più avanzata della RML e, come tale, la più disagiata e la più esposta alle attenzioni del nemico, perché in esso è operativa la 143a Squadriglia RML con sette 501 tutti efficienti ed un’attività incessante. Le condizioni ambientali e tecniche del Campo C.56 sono poco favorevoli ed ospitali e tali resteranno per tutto il conflitto africano. Tutto sembra provvisorio e apparentemente precario: non esistono aviorimesse, gli aerei sono lasciati alla fonda ormeggiati su gavitelli, quindi con difficoltà di manutenzione per mancanza di scivoli e apprestamenti. C’è anche una pista in terra battuta, utilizzabile per velivoli da caccia. Il personale è alloggiato in due baracche, un’attrezzata per la mensa, o in tende sparse nell’entroterra vasto e desertico. La baia è frequentata anche da unità navali, raramente data la precarietà di ormeggio, fondamentalmente per rifornimento. L’assenza di boe consente solo ormeggio alla fonda, in condizioni poco tranquille perché l’insenatura è aperta ai venti del I° e del II° quadrante e per la traversia da Sud-Est, molto frequente. Più agevole è l’ospitalità degli idrovolanti, perché la baia offre per gli ormeggi a mare un fondale sabbioso dolcemente degradante verso il largo, con facilità conseguente di posizionamento dei velivoli a terra in caso di cattivo tempo, e per la mancanza di ostacoli in acqua in fase di decollo e di ammaraggio(8). Niente a che vedere con l’aspetto subito efficiente dell’idroscalo di Augusta, mentre la solitudine imperante rimanda la mente al calore ed alla gentilezza della gente di Sicilia. Ad ogni modo la notte africana trascorre tranquilla.
8 luglio – Gli avvistamenti delle flotte
Il Beilul, un sommergibile di base ad Augusta, comunica a Supermatina di aver attaccato con siluro la mattina dell’8 una forza inglese nelle acque di Creta, ritenendo di aver anche colpito un cacciatorpediniere, ma di essere costretto a rientrare alla sua base siciliana perché duramente impegnato e danneggiato. Anche alcuni bombardieri italiani del 39° stormo, tornando da un’azione su Alessandria, hanno individuato alle 05,15 una flotta inglese, e subito un’azione delle forze aeree italiane di stanza nell’Egeo e nella Libia, bombardieri S.M.81, ha attaccato il gruppo e centrato con una bomba l’incrociatore Gloucester: un colpo serio sul ponte, si saprà poi, che uccide il comandante, sei ufficiali e undici graduati, con seri danni alle infrastrutture di governo della nave e ad una centrale di tiro.
Nella mattinata, alla base di Menelao, è previsto il rientro ad Augusta dei ricognitori della 148a e due dei quattro 501 partono molto presto. Il ricognitore 148-4 di Conversano, che era arrivato a Menelao in tarda serata, vede la sua partenza rimandata di diverse ore. Così l’equipaggio è messo sull’avviso dalle notizie che sono trasmesse alle ore 08,00 da ricognitori della 143a in perlustrazione nella mattina lungo le coste libiche ed hanno annunciato alcune navi inglesi a Sud di Creta, posizione 35°50′ di latitudine e 26°50′ di longitudine, con rotta 270°. Alle 13,15 sono due gli aerei che decollano, il 148-4 (1°Pil. Conversano, 2°Pil. Micali, Oss. Lombardo) ed il 189-2 di Siracusa (1°Pil. Enria, 2°Pil. Vivaldi, Oss. Silvestri). Il cielo è sereno, il mare appena mosso, la visibilità ottima e i due aerei, sulla base dei dati in loro possesso, con rotta vera Rv.45° cercano ed avvistano dopo un’ora la forte formazione navale nemica a Sud di Creta, individuano in successione i tre gruppi in cui essa è suddivisa, fornendone la composizione, la posizione, la velocità e i cambiamenti di rotta. Ci sono tre navi da battaglia, le corazzate Warspite, Malaya e Royal Sovereign, la portaerei Eagle, che fortunatamente per i nostri ricognitori non è armata con aerei da caccia ma solo con aerosiluranti, più 5 incrociatori e 16 CC.TT. Pur sottoposti a fortissima reazione contraerea, i nostri Idro prolungano la durata della missione fino ai limiti dell’autonomia di volo e rientrano a Menelao al tramonto.
Sulla cartina del Mediterraneo riprodotta in Figura 3 è indicata la sequenza degli avvistamenti italiani, assieme alla posizione della squadra di Campioni, che era stata avvistata dalla ricognizione inglese in acque libiche a 100 miglia a N.W di Bengasi, con rotta 34°. I ricognitori italiani hanno anche l’opportunità di individuare la forza inglese proprio nel momento in cui Cunningham, ricevuto da parte di un ricognitore Short Sunderland l’avviso di presenza delle navi italiane, decide di cambiare immediatamente direzione per rotta 300°, nel tentativo di tagliare loro la strada e interporsi tra esse e le basi siciliane e calabre. A sua volta l’ammiraglio Campioni, che a bordo del Cesare stava ritornando verso l’Italia dopo che il convoglio di Napoli era entrato a Bengasi, appena informato dell’avvistamento della flotta inglese da parte dei ricognitori della 148a Squadriglia, dirige per rotta 70° lanciando alle ore 17 a Supermarina il messaggio: “Dirigo contro gruppo tre corazzate ed otto CC.TT avvistato a sud Creta da aereo“. Cerca anche lui lo scontro, ma Supermarina, che si era fatta un quadro chiaro delle intenzioni di Cunningham, lo ferma alle 18,45 in modo categorico:” Supermarina 33794 – Non, ripeto non, impegnatevi con gruppo corazzato nemico (alt) Seguono istruzioni per la notte e per domani(alt) 172508“, e Campioni è costretto a fermarsi e ridirigere verso le coste calabre.
I ricognitori italiani hanno anche modo di segnalare e assistere al bombardamento da parte della nostra aviazione prima del secondo gruppo nemico, alle ore 16,00, e poi del gruppo delle navi da battaglia alle 17,30, bombardamenti che sono inefficaci. E’ da segnalare, che alle 18,28, la nostra flotta era stata attaccata per errore da alcuni S.79 del 47° Gruppo del 15° Stormo, fortunatamente senza conseguenze(9) .
Alla fine, i due 501 rientrano il giorno 8 luglio al campo C.56. Avevano abbandonato alle 18,30 il contatto per rientrare a Menelao prima del tramonto, non essendo la base avanzata fornita dell’attrezzatura per l’ammaraggio notturno.
Sono soddisfatti del loro lavoro. Il volo di ricognizione è sempre lungo, faticoso, monotono, a 300 metri di quota per scrutare lontano l’orizzonte infinito, in basso ogni dettaglio della superficie marina, in alto il cielo per prevenire attacchi aerei di sorpresa. Questa volta era stato diverso. Avevano compiuto il loro dovere come sempre, ma il risultato era stato importante e un po’ di adrenalina era circolata nelle vene. Nel rapporto della missione capita di leggere: “La manovra per il riconoscimento mi porta inavvertitamente troppo sotto le unità nemiche che aprono tutte il fuoco sulla mia sezione. Una salva scoppia vicinissima al mio aereo, mi allontano rapidamente fuori tiro; dirigo per seguire le mosse del terzo gruppo ….“. Battesimo del fuoco e fortunati due volte: avevano scampato i colpi dell’intenso fuoco contraereo a cui erano stati sottoposti da decine di navi, spesso esplosi vicinissimi, e non avevano dovuto affrontare la reazione della caccia inglese, perché la Eagle era dotata solo di aerosiluranti. Questo essi non lo sapevano, e avevano temuto i Fulmar durante le quattro ore e mezzo del contatto con il nemico; nel quel caso il loro destino sarebbe stato segnato, perché il 501 non avrebbe garantito lo scampo. Era stata una prova, la prima delle tante degli anni successivi di guerra, affrontata con maturità, determinazione, abilità e fortuna. Essa è descritta nella relazione prodotta dall’osservatore della Regia Marina, T.V. Silvestri.
Lo scontro tra le due flotte è in corso nelle acque calabre e la Mediterranean Fleet va seguita con esplorazione a tappeto: tutte le basi RML meridionali sono coinvolte. Da Augusta parte il 148-3 di Vercillo, decollo notturno alle ore 04,10 con compito di eseguire la R.28 ed esplorare la zona in direzione dell’isola di Candia sino al meridiano di Capo Matapan e la costa orientale della Libia, e farà ammaraggio a Menelao alle 12,30. Altri due Idro della 189a decollano da Siracusa, altri della 142a da Taranto. Sarà proprio uno della 142a a intercettare nuovamente la flotta di Cunningham alle 13,30, in una posizione inattesa, consentendo a Campioni di individuare con precisione il dispiegamento inglese con l’aiuto di tre idro catapultati dagli incrociatori Duca degli Abruzzi, Di Giussano e Da Barbiano, quando le due formazioni navali avversarie sono molto vicine e stanno per entrare in contatto balistico.
A Menelao per il 148-4 e per l’Idro della 189a di Siracusa è previsto il rientro ad Augusta: decollo alle ore 06,20 e ancora una R.28. Il 148-4 di Conversano durante il rientro avvista solo sommergibili ed unità nazionali, ma si scontra con un ricognitore inglese, che evidentemente seguiva i movimenti della nostra flotta e che attacca il 501 con decisione. E’ uno Short Sunderland, efficiente gigantesco idrovolante quadrimotore, dotato di armamento micidiale: due mitragliatrici nella torretta di prua, quattro mitragliatrici poppiere e due mitragliatrici laterali. Un aereo possente, velocità massima (a 1950 metri di quota) di 335 km/h per un’autonomia di quasi 6000 km, il cui l’equipaggio arriva sino a 11 componenti, garantendogli una lunghissima durata di missione. A Malta il giorno precedente ne erano atterrati tre. Per Conversano è il primo scontro a fuoco diretto. Anche questa volta l’avventura finisce bene, anzi, poiché il confronto è quasi paritario tra le prestazioni aeree dei velivoli in termini di velocità e maneggevolezza, è l’aereo inglese ad allontanarsi. Il diario storico della 148a Squadriglia riporta in proposito: “L’attacco è respinto dal preciso tiro della mitragliatrice di poppa del velivolo sezionario (148-4) che investe il quadrimotore facendolo desistere”. I colpi sparati dal nostro aereo sono 50 (10). Il 148-4 ammara nella rada di Augusta alle 13,50. La serata siciliana non trascorre però serena, funestata dal grave incidente che occorre ad un 501 della 189a di Siracusa, che in fase di ammaraggio notturno fallisce la manovra e s’infila in acqua: l’elica in moto s’abbatte sulla cabina di pilotaggio, tranciando un piede a un pilota e la vita dell’osservatore della marina G.B.Stella.
Lo short Sunderland, in servizio presso la Royal Air Force Coastal Command, è utilizzato massicciamente in Atlantico nella lotta contro gli U-Boote tedeschi. Utilizza antenne radar e bombe di profondità per un peso complessivo di oltre due tonnellate ed è in grado di seguire il sommergibile per lungo tempo potendo sostare in pieno Oceano. Dopo la guerra sarà utilizzato dagli inglesi per la linea aerea di collegamento con l’India.
Lo scontro nelle acque calabre tra la flotta inglese e quella di Campioni avviene nel pomeriggio 50 miglia a sud di Punta Stilo, con Cunningham che aveva sperato di precludere alla nostra flotta l’accesso alle basi, ed è del tutto inconclusivo. Le navi si sfiorano a 20/25 km e si cannoneggiano per pochi minuti, dalle 15,53 alle 16,15, a distanza e senza grossi risultati. Un colpo dei 381 della Warspite raggiunge la prua del Cesare con danno limitato, costringendo la corazzata ad allontanarsi e riducendone la velocità ai 18 nodi, mentre due incrociatori, l’italiano Bolzano e l’inglese Neptune incassano colpi marginali. Gli attacchi degli aerosiluranti, lanciati dagli inglesi, falliscono tutti il bersaglio. Gli attacchi aerei della Regia, portati con 126 aerei alle 16,40, si protraggono intensissimi e reiterati sino alle 20,45, con bombe da 100 e 250 Kg, quindi troppo piccole per creare danni significativi, e infatti causano danni limitatissimi alla portaerei Eagle, alle corazzate Warspite and Malaya. Alla fine del 9, mentre la flotta inglese dirige verso Malta incontro al convoglio da scortare ad Alessandria, la flotta italiana ripara nelle sue basi, in parte ad Augusta. Anche questa volta i nostri bombardieri hanno però ripetuto l’errore del giorno precedente a Sud di Creta, attaccando in parte la nostra flotta mentre rientra verso Messina. Saranno più efficaci contro la Mediterranean Fleet nei giorni successivi, quando questa sarà sulla via del ritorno verso Alessandria.
10-11 luglio – A Bengasi il soccorso aereo, ad Augusta la perdita del Pancaldo
Il giorno 10 i ricognitori sono di nuovo in azione. La flotta di Cunningham è in zona per scortare i convogli MF.1, veloce, e MS.1, lento, in partenza da Malta con a bordo rispettivamente personale civile e infrastrutture destinate all’arsenale di Alessandria. Alle ore 05,20 decollano due aerei, il 148-4 di Conversano ed il 148-6 di Simiani. La missione prevede una ricognizione in tandem, a rastrello, su un percorso di 300 miglia e direzione 140° da Capo dell’Armi, estremo sud-orientale dello Stretto di Messina. Durante la ricognizione è avvistato il solito Short Sunderland, ormai pattugliatore abituale delle acque calabre. Conversano rientra ad Augusta alle 12,50, ma il 148-6 di Simiani, dopo 240′, ha un’avaria al motore ed è costretto con difficoltà ad ammarare a 80 miglia da Bengasi. Le condizioni del mare non sono buone e ad Augusta c’è apprensione per i nostri piloti, perché il soccorso presuppone l’invio di aiuti dalla non vicinissima Bengasi e la posizione dell’aereo muta di ora in ora per lo scarroccio prodotto dal moto ondoso e dal vento da NW, previsti in aumento. In più, si teme il possibile mitragliamento dell’aereo da parte nemica, come spesso accadrà nel corso del conflitto ai nostri idrovolanti in difficoltà.
Ma le cose si mettono bene, perché da Menelao sta rientrando ad Augusta il 148-3 di Vercillo che riesce ad intercettare il segnale di SOS e subito si mobilita. Dopo breve ricerca Vercillo individua il velivolo incidentato, ne trasmette posizione e ammara a Bengasi alle 12,15, da dove, fatto rifornimento e coordinatosi con Marina di Bengasi, riparte alle 17,10 e dopo un’ora di volo rintraccia di nuovo il 148-6 segnalandone la nuova posizione. Il vento di maestrale è forte e il mare è in aumento e, per rincuorare i colleghi che vedono la notte incombere e sono tutti fuori del 501 a sbracciarsi, l’Idro esegue una serie di passaggi radenti con cenni evidenti di rassicurazione, poi rientra a Bengasi alle 19,10. Intanto Marina di Bengasi ha disposto l’invio sul posto della torpediniera Pegaso, che prende il mare immediatamente ma nella notte non riesce ad individuare l’aereo incidentato; Vercillo riceve l’ordine restare, di ricercarlo nuovamente la mattina successiva, di guidare la nave sul posto, e poi rientrare ad Augusta compiendo la solita R.28.
Nel frattempo, mentre a Bengasi si è impegnati con il 148-6, ad Augusta anche la sera del giorno 10, dopo quella del 9, non trascorre tranquilla per Conversano e gli altri piloti presenti. L’ammiraglio inglese Cunningham non dà tregua alla nostra flotta e alle ore 21.25, la rada è attaccata da nove aerosiluranti Swordfish (11) della portaerei Eagle, rimasta in zona e in agguato. Cunningham spera di sorprendere le nostre navi che, come prontamente segnalato dai suoi Sunderland, dopo lo scontro a fuoco avevano trovato riparo la sera nella piazzaforte. Accortamente, la corazzata Cavour, gli otto incrociatori e parte della scorta, entrati alle 23,30 per bunkeraggio, proprio temendo il possibile attacco sono ripartiti subito il giorno 10, una parte all’una di notte, una parte nel pomeriggio. Sono restati solo due C.T che devono fare ancora rifornimento, il Vivaldi e il Pancaldo.
L’azione è fulminea: gli aerosiluranti attaccanti si dividono in due gruppi, di sei e di tre rispettivamente, e mentre il primo gruppo percorre la rada deserta, non avvista nessun bersaglio e torna indietro, il secondo gruppo, provenendo da SE ed abilmente emettendo con le luci di posizione segnali luminosi identici a quelli usati dai nostri idrovolanti in fase di avvicinamento, individua il Pancaldo, discende a trenta metri di quota, e in tutta tranquillità, senza reazione contraerea italiana, sgancia i suoi tre siluri. Di questi uno rimbalza sulla diga foranea, un secondo sfiora la nave officina Quarnaro, il terzo centra il Pancaldo affondandolo e provocando la morte di sedici marinai, quasi tutti sorpresi nella sala macchina. Gli altri 204 a bordo fortunatamente si salvano, per la vicinanza della riva, l’acqua tiepida e la prontezza dei soccorsi. L’indomani, i funerali solenni dei sedici marinai, nel paese commosso, alla presenza della forza schierata .
Per i nostri piloti, un segnale importante. Ci si era già accorti del valore del nemico, non inferiore al proprio, della sua abitudine a combattere, ma gli avvenimenti di questi giorni suggeriscono che a ciò si aggiunge audacia nel cercare lo scontro e scaltrezza nel cercare la vittoria. Ai nostri piloti, coscienti dei limiti tecnici dei propri aerei, questa capacità degli inglesi di utilizzare aerei anch’essi superati come gli Swordfish appare sorprendente ed al contempo un po’ disarmante: tralicci metallici rivestiti di tela e riempiti di tiranti, volano con un siluro sotto la pancia e ad una velocità di 130 km/h, quindi esposti a qualunque offesa, dalla caccia alla contraerea, e da un altezza di trenta metri giungono per colpire ed affondare una nave. L’avversario è coraggioso e intelligente e sa offendere in qualunque condizione.
11 luglio – Il giorno successivo 11 luglio è però una giornata fortunata. L’Idro di Simiani è di nuovo rintracciato dal 148-3 di Vercillo a 80 miglia a N.W di Bengasi e la torpediniera Pegaso, in mare da 20 ore, finalmente indirizzata sul posto, riesce ad agganciarlo ad un cavo ed a rimorchiarlo con qualche difficoltà nel porto di Bengasi. Va segnalato il comportamento di Simiani: in mare da 24 ore, dopo quell’ammaraggio effettuato con grande abilità con mare mosso, nella notte egli è stato ulteriormente esemplare. Infatti, avvistata nel buio, dopo sedici ore di attesa e a breve distanza, un’unità indistinta, il nostro pilota non si era rivelato ad essa ed aveva rinunciato ad un sicuro salvataggio pur di non rischiare il possibile affondamento del suo aereo ancora intatto.
Finalmente Vercillo può rientrare verso Augusta, ma le sue imprese non sono però finite. Compiuto il salvataggio, il 148-3 prosegue la sua missione R.28 e dopo circa due ore avvista un gruppo di unità navali nemiche attaccato da bombardieri dell’aeronautica italiana. Vercillo decide di rimanere sul posto per monitorare l’andamento delle operazioni per segnalare gli eventi in tempo reale, ma nel rientro ad Augusta, per mancanza di carburante è costretto ad ammarare in mare aperto. Fortunatamente accade al largo della base, dove l’aereo è poi trainato da un mezzo inviato in soccorso. L’insieme delle vicende di questa magnifica giornata e di questo coraggioso equipaggio italiano è descritto dall’emozionante relazione dell’osservatore della Regia Marina, T.V. Colussi, che era a bordo del velivolo (12).
Il plauso dello Stato Maggiore, poi il ritorno a Vigna di Valle
Nei giorni seguenti lo scontro di Punta Stilo, in cui tutti sono stati esemplari, i piloti della 148a svolgono solo attività di ricognizione di normale routine. Il giorno 17 luglio giunge ad Augusta il Gen.B.A. Francesco Marini, Comandante di Marinavia, che arriva da Vigna di Valle in visita al reparto. Nel congratularsi con gli equipaggi della 148a per il brillante comportamento nella battaglia, annuncia loro che saranno proposti per le dovute ricompense al valor militare. Con l’occasione, un altro 501 della 148a è distaccato alla base siciliana: quello pilotato dal comandante della Squadriglia Cap. pilota Francesco Valvo. L’attività aerea della sezione distaccata diventa meno impegnativa, non ci sono eventi di particolare rilievo che la coinvolgono in quello specchio di mare, anche se la presenza inglese è sempre intensa e l’allerta suggerisce, per paura di bombardamenti su Augusta, lo sfollamento notturno della popolazione (quella che ne ha possibilità) verso i paesini limitrofi, in particolare Lentini che è collegata per ferrovia. Così il giorno 9 agosto il Comando di Nisida comunica il rientro a Vigna di Valle dei velivoli: i primi il giorno 11; l’ultimo, quello di Vercillo, il 15. Questi farà in tempo, il giorno 13 agosto, ad assistere ad un’incursione notturna di Swordfish sulla rada di Augusta, la seconda dopo quella del 10 luglio. Stavolta la sorpresa della nostra base non riuscirà e la nostra contraerea sarà efficace.
Gli aerosiluranti sono otto, vengono da Malta, tre armati di siluro, gli altri cinque di bombe. Dopo aver superato lo sbarramento di Siracusa, mentre i bombardieri cercano di distogliere la contraerea di Augusta dirigendosi sulla parte occidentale del porto, gli aerei siluranti scendono sulla rada, come sempre da levante e con la solita simulazione segnaletica, sperando di incocciare qualche bersaglio importante alla fonda. Le mitragliere li accolgono con prontezza. Sfiorando l’acqua nel chiarore della luna, uno di essi è tradito dalla superficie riflettente e dall’altimetro e finisce per infilarsi nell’acqua, un secondo è colpito dai traccianti e cade al largo provocando la morte dei due sfortunati occupanti, mentre il terzo riesce a sganciare il siluro, per errore contro un manufatto del porto, e ad allontanarsi verso Malta. Si saprà poi che anche questo Swordfish è stato colpito al serbatoio di carburante e che, andato a inabissarsi a dodici miglia dalla sua base e che i suoi piloti sono stati però recuperati da mezzi maltesi (13). I due piloti dello Swordfish inabissatosi nella rada sono salvati e sfileranno prigionieri nelle vie del centro abitato di Augusta mentre sono trasferiti alla stazione ferroviaria, nel silenzio attonito della popolazione. L’obiettivo dell’azione inglese erano le quattro unità della marina la cui presenza era stata segnalata nei giorni precedenti dalla ricognizione inglese, che abilmente si erano dileguate fiutando il pericolo. E’ proprio questo insuccesso, con la perdita di tre aerei e due equipaggi, che convincerà Malta a sospendere per diverse settimane qualunque iniziativa contro le basi della Sicilia. Ricomincerà solo più tardi.
La non occupazione di Malta da parte italiana nei primi giorni di guerra, quando l’isola sarebbe stata preda relativamente facile perché sguarnita di truppe inglesi, seguiterà nel tempo a creare problemi crescenti alla piazzaforte di Augusta. Nel corso del conflitto, adeguatamente rifornita di aerei più potenti dalle portaerei britanniche e dall’Africa, la piccola isola estenderà la sua minaccia all’intera Sicilia ed all’Italia Meridionale, rendendo difficile, a volte impossibile, il rifornimento adeguato delle nostre truppe in Libia e in Egitto. La mossa, data per scontata dagli inglesi in quanto suggerita da previdente elementare strategia bellica e richiesta da un’avveduta condotta di guerra navale, non ebbe seguito nello Stato Maggiore italiano, dominato dal già citato atteggiamento difensivista. Un errore fatale che, accanto a quello di Hitler di non aver imposto alla Francia di Vichy l’utilizzo da parte dell’Asse di basi e porti nelle colonie nord africane, pregiudicherà l’esito della battaglia per il dominio del Mediterraneo. La Marina italiana aveva chiesto a Mussolini, in sede di trattativa di armistizio con la Francia, almeno l’occupazione di quelli tunisini. Il possesso italiano delle due sponde, avrebbe, di fatto, precluso agli inglesi il transito del Canale di Sicilia ed emarginato l’importanza della presenza di Malta nel collegamento diretto dall’Italia alla Tripolitania.
Per le azioni di ricognizione dell’8 luglio 1940 l’equipaggio del 148-4 sarà tutto decorato dalla Regia Aeronautica: Conversano con medaglia di bronzo, Micali, Prinzivalle e Merlino con croce di guerra. Conversano riceverà anche un Encomio del Comando Superiore dell’Aviazione della Regia Marina. Medaglia di bronzo anche per l’osservatore della Marina, Silvestri. Le altre decorazioni per il brillante comportamento della 148a nei giorni 9, 10 e 11 luglio furono: la medaglia di bronzo a Vercillo e all’osservatore Colussi del 148-3; le croci di guerra a Simiani, Vielmo, Montini e Buscemi del 148-6; a Ferrante, Ruscica e Di marco del 148-3.
Un ennesimo saluto
Di questi uomini della 148a, protagonisti di quei giorni, alcuni scompariranno abbattuti in volo nei mesi successivi. Ad essi un doveroso, commosso saluto.
Il primo è Corrado Silvestri, il compagno di tante missioni e coprotagonista dell’8 luglio, che cade l’1 settembre nel Tirreno centrale. Decollato per una ricognizione nel Basso Tirreno, il 501 del Centro Sperimentale di Vigna di Valle non rientra. Il motivo rimane sconosciuto, ma il 29 agosto si era mossa in una delle sue scorribande la flotta britannica e l’1 settembre erano presenti, nella squadra di Gibilterra intercettata dai ricognitori di Elmas e di Vigna di Valle nel Tirreno centrale, le portaerei Valiant e Illustrious, quest’ultima con il nuovo radar, due squadriglie di aerosiluranti e una di caccia Fulmar. E’ probabile che l’aereo di Silvestri fu abbattuto dai Fulmar della Illustrious, levatisi in volo reiteratamente alla vista dei ricognitori. Scomparvero, infatti, anche un 506 della 287a e un 501 della 188a decollati da Elmas. Al coraggioso e brillante ufficiale, uno dei tantissimi Osservatori che hanno perso la vita nel corso del conflitto, nel 1955 sarà riconosciuta la decorazione d’argento della Marina, “alla memoria”.
Poi Vannio Vercillo, il 12 novembre 1942, abbattuto con il suo SM.82 presso l’isola di Lampione. Indomabile, si trasferisce alla 196a Squadriglia del 93° Gruppo nel giugno 1941. Lo troviamo nel 1942 nella 47a Squadriglia del 37°Gruppo, di stanza nel mese di novembre e dopo varie vicende alla base siciliana di Castelvetrano. La 47a è impegnata con i suoi SM.82 in un’intensa quanto rischiosa attività di trasporto di truppe e materiali in Tunisia, soffrendo pesanti perdite su questa rotta, divenuta pericolosissima in quel momento del conflitto. Così il 12 novembre la Squadriglia perde ben quattro SM.82, abbattuti in uno scontro con sei Beaufighter in pattuglia fra Tripoli e Castelvetrano. Periscono di colpo ben 44 uomini, tra essi il nostro Vercillo. Un uomo di fegato, sempre protagonista di imprese, decorato con due medaglie d’argento e due di bronzo.
Poi Giuseppe Valvo, il 14 novembre 1942. Il Cap. Valvo lascia il comando della 148a nel giugno di quell’anno, quando la Squadriglia da Vigna di Valle è inviata in forza all’idroscalo di Menelao, che è nuovamente in mano italiana grazie alle vittorie di Rommel. Valvo invece va in Sardegna, destinato alla 144a di Elmas. Non è fortunato Giuseppe Valvo, perché inglesi e americani, occupando verso la fine dell’anno praticamente tutte le coste del Nord-Africa, hanno il controllo totale dei cieli del Tirreno e del canale di Sicilia e non danno scampo ai nostri ricognitori. Il 14 novembre, in missione di scorta antisom alla nave Brindisi, decollato alle ore 11.00 da Stagnone, il suo 506B non rientra alla base. Sembra che a poche miglia da Capo Bon sia stato attaccato da due Beaufighter, colpito e costretto ad ammarare in fiamme. Tutto l’equipaggio è dato per disperso. Valvo sarà decorato con medaglia d’argento nel 1943
Infine Sebastiano Micali, nel tardo 2 luglio 1943. Egli è a Vigna di Valle in forza alla 148a , rimpatriata da Menelao nel novembre del 1942 dopo la breve, gloriosa e sfortunata parentesi africana, in seguito alla disfatta delle truppe dell’Asse. Micali, decollato con il suo 506B, non rientra alla base di Bracciano. L’assenza di un diario storico della Squadriglia per quell’anno non consente di conoscerne le cause.
* * * * *
Mio padre Remo, al suo rientro a Vigna di Valle, sarà coinvolto in altre missioni di guerra nel Tirreno Centrale. A seconda delle esigenze della Marina, la 148a è chiamata infatti a cooperare con le squadriglie da ricognizione di Elmas (146a, 183a, 188a), la 182a di Nisida, la 144a di Stagnone, in genere missioni di scorta ai convogli italiani per monitorare l’attività dei sommergibili inglesi. E’ anche attivo, come secondo pilota accanto ai piloti collaudatori del Centro Sperimentale di Vigna di Valle, nelle prove per il passaggio sul Fiat RS.14, il nuovo idro bimotore destinato a costituire la nuova forza dei reparti RML, ma soggetto a continui interventi di revisione e di fabbricazione per la sua inaffidabilità. Il 4 giugno 1941 Conversano è coinvolto, uscendone indenne, in uno dei reiterati incidenti cui questo aereo va incontro in fase di ammaraggio per il cedimento sistematico di un montante di sostegno dei galleggianti. La frequenza degli incidenti, di cui uno letale per l’equipaggio, indurrà Marinavia a chiederne il rinvio in fabbrica; l’adozione del bimotore da parte delle Squadriglie RML avverrà solo nel 1942
Mio padre tornerà di nuovo in Sicilia alla fine di giugno 1941, in forza alla 170a di Augusta insieme ad altri colleghi, e vi rimarrà fino al marzo del 1943 per tornare a Vigna di Valle. Saranno, quelli di Augusta, mesi indimenticabili ma duri, fatti di episodi audaci e drammatici. Ma di questo parleremo una prossima volta.
Nel dopoguerra sarà sempre a Vigna di Valle, dove a partire dal 1949 volerà con il 506B del 84° Gruppo Idro del Centro Soccorso Aereo, comandante della 140a Squadriglia, poi con il Piaggio P136, poi con il SA-16 Grumman, ma seguiterà sempre ad essere profondamente innamorato del Cant Z506. Nel 1959 sarà comandante del Centro Coordinamento Soccorso di Vigna di Valle. Volerà sino al 1961.
Note
(1) Tra i compiti dell’Aviazione Ausiliaria della Marina, accanto alla ricognizione aerea, si sarebbe potuto ragionevolmente aggiungere anche la protezione aerea del traffico marittimo, che fu invece riservata al Bombardamento ed alla Caccia. Tale evidente limitazione era la diretta conseguenza della contrapposizione generatasi al momento della richiesta della Marina di dotarsi di un’Aviazione Navale Autonoma e del contrasto che si protraeva tra gli Stati Maggiori sin dalla nascita dell’Arma Azzurra nel lontano 1923. La contrapposizione si risolse nella successiva forzata rinuncia da parte della Marina.
(2) Di seguito i nomi dei piloti della 148, dal diario storico al 10 giugno 1940
(3) Struttura in legno, il 501 ha una configurazione a scafo centrale e galleggianti stabilizzatori, una sottile fusoliera collegata all’ala alta tramite montante centrale ed una serie di montanti e tiranti laterali. Il motore, montato centralmente al di sopra dell’ala, alloggia una postazione difensiva superiore ad abitacolo aperto dotata di una mitragliatrice da 7,7 mm; una seconda postazione difensiva, inizialmente aperta e in seguito finestrata, è nella parte anteriore della fusoliera, seguita dalla cabina di pilotaggio chiusa, collocata centralmente in corrispondenza dell’ala, subito seguita da un altro abitacolo aperto dotato di mitragliatrice. Le due figure mostrano l’elegante aereo secondo il profilo laterale e quello anteriore.
(4) A.Werth, La Russie en guerre,Stock,Paris 1965, Vo.I, p.65 ” … il governo sovietico e quello tedesco dichiarano che la fine del conflitto fra la Germania da una parte e la Gran Bretagna e la Francia dall’altra sarebbe nell’interesse generale. Se però gli sforzi dei due governi restano senza esito, sulla Gran Bretagna e sulla Francia graverà la responsabilità del prolungamento della guerra. Se la guerra continuerà, i governi dell’Unione Sovietica e della Germania si consulteranno sulle misure da prendere.
Firmato: Ribbentrop-Molotov.”
(5) In realtà si consumava quanto stabilito nell’accordo del 4 aprile 1939 tra Francia e Gran Bretagna, nel quale esse avevano deciso la linea di fondo da mantenere in caso di una guerra comune in Europa, sulla base della certezza di una capacità di resistenza maggiore da parte della Polonia: una condotta strettamente difensiva nei primi mesi del conflitto; inoltre il 4 maggio era stato anche stabilito che, se la Polonia fosse stata travolta, il suo destino sarebbe stato deciso dall’esito finale del conflitto e non da un intervento diretto delle due potenze alleate nella guerra tedesco-polacca.
(6) Marcel Deat è una figura famosa, emblematica del travaglio politico ed intellettuale che attraversa l’Europa in quegli anni. Politico francese, parlamentare e ministro negli anni 30, nel 1935 fonda l’Union Socialiste Républicaine, partito statalista di tendenze pacifiste. Pro sionista, in quegli anni è al Comitato Francia – Palestina e a quello di difesa dei diritti degli israeliti in Europa centrale e orientale; nel 1936, pure se deciso anticomunista, appoggia il governo del Front Populaire di Leon Blum. Nel 1938 Deat proclama la propria posizione a favore degli accordi di Monaco, accusando i dirigenti della Terza Repubblica di bellicismo e di essere manipolati dalla capitalista Inghilterra, che accusa di difendere, servendosi della Francia, il proprio impero economico. Esprime il suo pacifismo in “Mourir pour Dantzig ?” (“Morire per Danzica?”), articolo apparso il 4 maggio su l’Œuvre, giornale di notevole diffusione, che lo rende famoso ed in cui accusa i Polacchi di bellicismo nazionalista: “Combattre aux côtés de nos amis polonais pour la défense commune de nos territoires, de nos biens, de nos libertés, c’est une perspective qu’on peut courageusement envisager, si elle doit contribuer au maintien de la paix. Mais mourir pour Dantzig, non ! “. Coerentemente, Marcel Deat sosterrà l’armistizio del 22 giugno 1940, e farà parte del governo di Vichy dal 16 maggio 1944.
(7) Nelle carte segrete dello Stato Maggiore tutto il Mediterraneo è ricoperto da un immaginario reticolo, le cui linee congiungono Augusta, così come gli altri idroscali militari, con porti, isole e punti prestabiliti in alto mare. Esse individuano i sentieri indicativi di ricognizione marittima all’interno di determinati settori di mare, ciascuno caratterizzato da una sigla: ad esempio, la sigla R.16 individua un punto sito 100 miglia a levante di Malta, la sigla R.18 individua un percorso tra Augusta e Pantelleria, la R.25 il percorso esplorativo da Augusta verso Tripoli, la R.26 l’esplorazione verso ovest sino a Marsala, la R.28 infine quella per raggiungere il golfo di Menelao, sulla costa cirenaica. Così, poiché il reticolo di rotte di ricognizione è un qualcosa somigliante a una ragnatela, il distintivo adottato dalla 189a Squadriglia di Augusta, simboleggiava appunto una ragnatela sovrastata da una tarantola nera.
(8) L’attività intensa del campo C,56 rappresenta da subito un problema per i movimenti della flotta britannica: il campo è reiteratamente sottoposto a bombardamento aereo e navale e così in meno di quattro mesi il numero di 501 operativi si ridurrà alla metà. L’esposizione troppo avanzata del Campo e la difficoltà della sua difesa, consiglierà di diradare gli aerei su altre strutture della Libia, e la sua utilizzazione risentirà, nel corso del conflitto, dell’andamento delle operazioni militari in Cirenaica, che imporranno agli addetti e ai piloti improvvisi sgomberi e successive occupazioni
(9) Nei primi mesi del conflitto il bombardamento navale era eseguito dalle formazioni della Regia Aeronautica con bombe al massimo di 250 kg e da una quota di 3500 metri, con bassissima efficacia statistica. Inoltre, la difficile identificazione reciproca delle navi e degli aerei da quella quota era fonte di errori anche per i migliori tra osservatori e piloti e si manifestavano episodi di fuoco amico sia da parte degli aerei sia da parte delle navi. Il tutto era aggravato da un’ancora complicata, lenta collaborazione di Supermarina e Superaereo: certezza nella gerarchia del Comando e rapidità di decisione, caratteristiche dell’azione inglese, non erano peculiarità dello Stato Maggiore italiano. Le cose cominciarono a migliorare nell’anno successivo, con l’adozione del bombardamento marittimo a tuffo, con i famosi Stukas tedeschi, e con l’adozione di aerosiluranti anche da parte italiana, e si ottennero successi importanti.
(10)Nella foto sotto l’immagine della postazione difensiva poppiera del nostro 501, con mitragliatrice SAFAT 12,7.
(11) Lo Swordfish – Benché la tecnologia usata nella sua progettazione risultasse oramai obsoleta, lo Swordfish risultò essere uno dei più importanti aerei imbarcati della seconda guerra mondiale. Entrato in servizio nel 1936 nella Fleet Air Arm, era l’aerosilurante di punta delle portaerei della Royal Navy poiché e poteva decollare dai ponti di portaerei relativamente piccole. Raggiungeva una velocità di 220 km/h ed quasi 1000 km di autonomia con il siluro a bordo; era dotato di una straordinaria maneggevolezza e controllabilità. Piazzò ben sei siluri a segno su corazzate italiane, tre su pari classi tedesche e tre francesi.
(12) Il bombardamento riportato nella relazione di Colussi fa riferimento a un attacco della nostra aviazione al convoglio MS.1, partito da Malta molto presto quella mattina, e composto di cinque navi mercantili e di tre cacciatorpediniere di scorta. Uno di questi, il Vampire, fu fortemente danneggiato e sostituito immediatamente da un altro cacciatorpediniere. Il convoglio arrivò poi ad Alessandria il giorno 15 luglio, safely secondo quanto riportato dagli storiografi inglesi, quindi senza aver perso alcun mercantile, e questo è in contrasto con l’affermazione di Colussi, che nella relazione parla dell’avvistamento di una nave in preda alle fiamme e di una sua probabile scomparsa. Vale la pena notare, in proposito, che nel testo di David Brown, “The Royal Navy and the Mediterranean, vol.1: September 1939-October 1940”, il convoglio arrivato ad Alessandria era formato di soli quattro mercantili.
(13) 13 agosto 1940 – SWORDFISH PILOTS MISSING IN ACTION – “Due aerei Swordfish sono stati segnalati mancanti e un terzo si è schiantato inabissandosi nel mare al largo di Malta stasera dopo un bombardamento sulla Sicilia. Gli aerei sono stati con altri sei inviati da Malta in missione per attaccare un trasporto nella rada di Augusta. Hanno incontrato un intenso fuoco da parte delle batterie costiere. Due degli Swordfish sono stati abbattuti; sono ritenuti uccisi nell’azione il S/Lt D Edmondson e il suo telegrafista/armiere. Si ritiene che l’equipaggio del secondo aeromobile sia stato fatto prigioniero dalla Marina Militare Italiana. Anche lo Swordfish del Ten.AF Hall è stato colpito dal fuoco della contraerea, ma è riuscito a raggiungere un punto quattro miglia al largo della costa di Malta, nei pressi di Ta Silch, prima di inabissarsi in mare. L’equipaggio è sopravvissuto e si è salvato con il gommone” –
Tradotto dal Malta War Diary, Monthly Archives,
( http://www.maltagc70.com/)